HEMINGWAY E IL FRIULI

di Carlo Gaberscek

Dopo I sentieri della gloria: In viaggio con Mario Monicelli sui luoghi della Grande Guerra (2004) la Cineteca del Friuli, con il contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia/Assessorato al Turismo e quelli della Fondazione CRUP e della Friuli Venezia Giulia Film Commission, sta producendo un documentario che ha come tema Hemingway e il Friuli. La prima parte delle riprese è stata effettuata in varie location della regione da mercoledi 22 a sabato 25 giugno 2005. Molte sono le relazioni, i legami tra il grande scrittore americano, la cui personalità continua a costituire un fattore di sicuro richiamo, e il Friuli: due romanzi Addio alle armi ( A Farewell to Arms , 1929), che nel giro di poche settimane diventò il libro più venduto negli Stati Uniti e che rappresenta l'opera con cui prende corpo la sua reputazione di autentico narratore, e Di là dal fiume e tra gli alberi ( Across the River and Into the Trees , 1950); visite e soggiorni di Hemingway, soprattutto nella Bassa friulana, tra il 1948 e il 1954; la realizzazione del kolossal Addio alle armi (1957); la creazione del Parco Hemingway e l'istituzione del Premio Hemingway a Lignano nel 1985 (premio di giornalismo, narrativa e spettacolo); la traduzione in lingua friulana di uno dei suoi romanzi: Las nêfs dal Kilimangjaro e âtres contes di Agnul di Spere (Angelo Michele Pittana), pubblicata dalla Clape Culturâl Aquilee nel 1977. Attorno a questi elementi verrà costruito un documentario, la cui regia è affidata a Gloria De Antoni, già autrice di I sentieri della gloria .
Sono passati quasi cinquant'anni dalle riprese del film Addio alle armi , girato a Venzone e nei dintorni di Stazione per la Carnia (strada di Tugliezzo) nei mesi di marzo e aprile del 1957. Molti dei membri di quel prestigioso cast (Rock Hudson, Vittorio De Sica, Alberto Sordi, Leopoldo Trieste) non ci sono più; ma è tornato a Venzone Franco Interlenghi, che nel film interpreta il ruolo di Aimo, un giovane soldato, che appare in diverse sequenze a fianco degli attori principali. Interlenghi, nato a Roma nel 1931, aveva esordito in Sciuscià (1946) di Vittorio De Sica e partecipato l'anno successivo, in un ruolo di un certo rilievo, al film Fabiola di Alessandro Blasetti. Negli anni ‘50 interpreta molti film diretti da importanti registi: Luciano Emmer; Julien Duvivier ( Don Camillo , 1951); Michelangelo Antonioni ( I vinti , 1952); Luigi Zampa ( Processo alla città , 1952); Federico Fellini ( I vitelloni , 1953); Mario Soldati ( La provinciale , 1953); Mario Camerini ( Ulisse , 1956), con Kirk Douglas; Mario Monicelli ( Padri e figli , 1956); Mauro Bolognini ( La notte brava , 1958); Roberto Rossellini ( Il generale Della Rovere , 1959). Diventa noto anche a livello internazionale interpretando film di produzione francese e americana, tra cui La contessa scalza (1954) di Joseph Mankiewicz; L'uomo e il diavolo ( Le rouge et le noir , 1954) di Claude Autant-Lara; La ragazza del peccato ( En cas de malheur , 1958) di Claude Autant-Lara, con Brigitte Bardot e Jean Gabin. Negli anni ‘50, il periodo più fervido della sua cinquantennale carriera, in una dozzina di film lavora anche con Antonella Lualdi (che diventa sua moglie il 17 settembre 1955): Canzoni, canzoni, canzoni (1953) di Domenico Paolella; L'uomo e il diavolo (1954); Gli innamorati (1955) di Mauro Bolognini; Non c'é amore più grande (1955) di Giorgio Bianchi; Altair (1955) di Leonardo De Mitri; I giorni più belli (1956) di Mario Mattoli; Padri e figli (1956); Il cielo brucia (1957) di Giuseppe Masini; La regina della povera gente (1957) di Pedro Ramirez; Polikushka (1958); Match contro la morte (1959); La notte brava (1959); Sangue sull'asfalto (1959) di Bernard Borderie. Dopo circa quindici anni e circa venti film in cui aveva dato vita alla tipica figura del giovane italiano del dopoguerra, Franco Interlenghi ha saputo creare caratterizzazioni diverse, come nel film Il camorrista (1985) di Giuseppe Tornatore; L'avaro (1989) di Tonino Cervi; Pummarò (1990) di Michele Placido. Ha lavorato anche per la televisione, tra l'altro in Un bambino di nome Gesù (1988) di Franco Rossi e Donne armate (1990) di Sergio Corbucci (1990), e per il teatro, soprattutto con la compagnia Morelli-Stoppa, dando la sua prova migliore in Morte di un commesso viaggiatore , diretto da Luchino Visconti. Come Franco Interlenghi, anche Antonella Lualdi (nata nel 1931 A Beirut da padre italiano e madre greca) debutta giovanissima, con il ruolo di protagonista nel film Signorinella (1949) di Mario Mattoli ed ha una lunga ed eclettica carriera: ha interpretato un centinaio di film per il cinema e la televisione, lavorando con Luigi Zampa; Augusto Genina ( Tre storie proibite , 1951); Alberto Lattuada ( Il cappotto , 1952, e Una spina nel cuore , 1985); Christian-Jaque; Giacomo Gentilomo ( La cieca di Sorrento , 1952); Carlo Lizzani ( Cronache di poveri amanti , 1953); Roberto Rossellini ( Amori di mezzo secolo , 1953); Vittorio Cottafavi ( Avanzi di galera , 1954, e I cento cavalieri , 1964)); Carmine Gallone ( Casta diva , 1954); Claude Autant-Lara (nel ruolo di Mathilde de la Môle in Le rouge et le noir , 1954); Yves Allégret ( La casa di Madame Kora / Méfiez-vous, fillettes! , 1957); Mario Monicelli; Mauro Bolognini ( Giovani mariti , 1958, e La notte brava , 1959); Claude Chabrol ( A doppia mandata / A double tour , 1959); Mario Camerini ( Via Margutta , 1960, e Appuntamento a Ischia , 1960); Francesco Maselli ( I delfini , 1960); André De Toth ( I mongoli , 1961); Duccio Tessari ( Arrivano i Titani , 1962); Gian Luigi Polidoro ( Hong Kong, un addio , 1962); Sergio Corbucci ( Il giorno più corto , 1963); Lucio Fulci ( Gli imbroglioni , 1963); Ettore Scola ( Se permettete, parliamo di donne , 1964); Ferdinando Baldi ( Il massacro della Foresta Nera , 1966). Negli anni ‘70 e ‘80 lavora ancora in diversi film, anche in Francia, dove è molto popolare, e sta tuttora interpretando il ruolo di Lucia, la moglie italiana del commissario Cordier (interpretato dall'attore ottantenne Pierre Mondy) nella serie televisiva (in cui sono presenti pure gli attori Bruno Madinier e Charlotte Valandrey) che in Francia dal 1992 ha un successo strepitoso e che anche in Italia ha registrato molti consensi.
Nel documentario su Hemingway e il Friuli, oltre a Franco Interlenghi e Antonella Lualdi, che nel 1957 venne a Venzone a visitare il marito in occasione delle riprese di Addio alle armi , numerose comparse e abitanti di Venzone e dintorni hanno contribuito a rievocare l'impatto creato in quei giorni all'irruzione del mitico mondo hollywoodiano in un piccolo centro di provincia friulano. Si trattava infatti di un film di David O.Selznick, il produttore di Via col vento (1939), il quale, con notevole volontà di “realismo”, aveva voluto girare la seconda versione cinematografica di Addio alle armi nella regione in cui la prima guerra mondiale era stata effettivamente combattuta. Questa parte del documentario è arricchita di frammenti significativi del film del 1957, ma anche di quelli della prima versione di Addio alle armi (1932), prodotto dalla Paramount, diretto da Frank Borzage e interpretato da Gary Cooper (che, tra l'altro, fu amico di Ernest Hemingway ed interprete di Per chi suona la campana / For Whom the Bell Tolls , 1943, diretto da Sam Wood), dalla vendita dei diritti di produzione Hemingway guadagnò 80.000 dollari, una somma enorme per quei tempi. (Dalle opere di Hemingway vennero complessivamente tratti ben sedici film, tra cui Acque del Sud / To Have and Have Not , 1944, di Howard Hawks; I gangsters , 1946; Le nevi del Kilimangjaro , 1952; Il sole sorge ancora , 1957)). Le riprese a Venzone del documentario prodotto dalla Cineteca del Friuli si sono svolte - nei giorni 24 e 25 giugno 2005 - principalmente nella Piazza del Municipio; a Porta San Giovanni (dove fu girata la sequenza dell'arrivo di Frederic Henry /Rock Hudson all'inizio del film e, simmetricamente, quella del ritorno dopo la licenza, all'inizio del secondo tempo); Palazzo Orgnani-Martina (che nel film diventa la sede dell'ufficiale /l'attore spagnolo José Nieto a cui Rock Hudson si presenta, appena ritornato nel paese che nella finzione cinematografica viene chiamato Orsino); Palazzo Zinutti (in Piazzetta Duomo), il cui interno fu utilizzato come set per sequenze con Rock Hudson, Vittorio De Sica, Alberto Sordi.
Altra location è la strada militare di Tuglizzo, sopra Stazione per la Carnia, dove fu girata la sequenza “notturna” delle truppe a cui, mentre stanno salendo in montagna verso il fronte, viene dato l'ordine di ripiegare, perché il fronte ha ceduto (è l'inizio di quella parte di Addio alle armi in cui viene ricostruita la ritirata di Caporetto).
A proposito della presenza in Friuli del produttore David O.Selznick e di sua moglie, l'attrice Jennifer Jones, che nel film interpreta la parte di Catherine Barkley, l'infermiera inglese di cui si innamora il giovane protagonista, il tenente Frederic Henry (Rock Hudson), alcune riprese del documentario sono state effettuate (sabato 25 giugno) nella villa della Tenuta Angoris, una grande azienda famosa per i suoi vini, in comune di Cormons (provincia di Gorizia), ai piedi delle suggestive colline del Collio. Nella elegante villa, di proprietà della famiglia Locatelli dal 1648 al 1937, poi dei conti Miani fino al 1968, quindi dei Locatelli, il produttore americano e sua moglie furono ospiti dei conti Miani nella primavera del 1957.
Il romanzo Addio alle armi , la cui vicenda si svolge nel 1917 a Gorizia e dintorni (Plava, Ravne, Ternova, Lom, la Bainsizza...) e , per quanto riguarda le pagine relative alla ritirata di Caporetto, nei dintorni di Udine (“Di fronte a noi di là della pianura era la collina di Udine. I tetti erano precipiti dal Castello sulla collina. Si vedeva il campanile e la torre dell'orologio”) e al Ponte della Delizia sul Tagliamento, fu scritto sulla base di esperienze autobiografiche, ma anche di una quantità di testimonianze e racconti che il giovane Ernest Hemingway aveva raccolto durante la sua presenza sul fronte italiano del Piave nel 1918. Egli infatti, arruolato nella Croce Rossa, col grado di tenente, giunge in Europa a diciannove anni (era nato a Oak Park, un elegante sobborgo di Chicago, nell'Illinois, il 21 luglio 1899) alla fine di maggio del 1918; sbarca a Bordeaux, il 31 maggio è a Parigi e due giorni dopo entra in Italia. Dopo alcuni giorni a Milano, il 6 giugno raggiunge la sua unità a Schio, presso Vicenza, dove comincia il servizio come autista di ambulanze, nella zona del Pasubio, dove una volta al giorno sale le tortuose strade della montagna e ne ridiscende con i feriti. Quando, alla fine di giugno (è in atto la battaglia del Solstizio), vengono richiesti volontari per organizzare un nuovo servizio di ristoro (Rolling Canteen Service) nelle immediate vicinanze del fronte del Piave, il giovane Hemingway coglie l'occasione per avvicinarsi alle linee. Si trattava di distribuire in bicicletta posta, cioccolata e sigarette ai soldati in trincea. Trasferito a Fossalta di Piave, immediatamente a ridosso del fronte, il giovane tenente comincia a frequentare i combattenti, stringendo amicizia, tra gli altri, con don Giuseppe Bianchi, sacerdote fiorentino, poi immortalato in Addio alle armi . Durante uno dei suoi giri in bicicletta, viene ferito in località Buso de Burato, la notte tra il 7 e l'8 luglio 1918, mentre si trovava presso un osservatorio e nido di mitragliatrici in calcestruzzo sul greto del Piave. Pur colpito alla coscia sinistra e al ginocchio destro dalle schegge di un proiettile Schrapnel, nonostante fosse stato individuato alla luce di un bengala e colpito al piede destro da una raffica di mitragliatrice, riuscì a portare in salvo, sulle spalle, un soldato italiano ferito. Dopo essere stato portato in un ospedaletto da campo alle porte di Treviso, fu trasferito in treno ospedale a Milano, dove viene ricoverato nell'Ospedale della Croce Rossa Americana (in via Manzoni 10) il 17 luglio 1918. E' lì che conobbe Agnes von Kurowski, un'attraente e volitiva infermiera americana (di origine tedesca), più vecchia di lui di otto anni, di cui si innamorò. Hemingway riuscì a ritornare al fronte, al nuovo quartier generale della Croce Rossa vicino a Bassano del Grappa, il 24 ottobre 1918, proprio il giorno in cui cominciò l'offensiva di Vittorio Veneto. Dopo essere stato congedato e decorato con la medaglia d'argento dal Governo italiano, rientrò negli Stati Uniti all'inizio del 1919. Oltre a tante testimonianze orali raccolte direttamente nel 1918 durante la sua permanenza in Italia (che pur fu relativamente breve: sette mesi), Ernest Hemingway si servì anche di molte fonti documentarie, che gli fornirono elementi, informazioni e dettagli significativi, tra cui va ricordato anche il libro di Ardengo Soffici La ritirata del Friuli , pubblicato nel 1919, nel quale appare l'episodio del profugo sospettato come spia per il suo accento straniero a un ponte sul Tagliamento, che si salva buttandosi in acqua. E' “in nuce” lo stesso episodio del romanzo di Hemingway, in cui il protagonista, il tenente americano Frederic Henry, durante la ritirata di Caporetto, tra la marea dei profughi viene anche lui sospettato come spia per lo stesso motivo e si salva gettandosi nelle acque in piena del Tagliamento al Ponte della Delizia, tra Codropio e Casarsa, inseguito dalle fucilate dei carabinieri, e, aggrappato ad un trave, si lascia trascinare dalla corrente: “...e mi avviai verso la riva. Sapevo che non c'erano ponti sul fiume fino a Latisana. Pensai che forse ero di fronte a San Vito....Quel giorno attraversai la pianura veneta. E' una campagna piatta e monotona e sotto la pioggia è ancor più piana. Verso il mare vi sono pianure salate e pochissime strade”. Giunge poi alla linea ferroviaria Venezia-Trieste e riesce a salire su un treno che trasportava cannoni che viaggiava in direzione di Mestre. La descrizione, di potente effetto drammatico, che culmina nella fiumana di profughi, soldati e ufficiali alla stretta del Ponte della Delizia sul Tagliamento, scena dalle dimensioni dantesche, è il climax del romanzo. Per quanto riguarda l'”ospedale inglese” del romanzo Addio alle armi , Giovanni Cecchin, il principale studioso della vita di Hemingway durante la prima guerra mondiale, nel suo libro Hemingway, Trevelyan e il Friuli: alle origini di “Addio alle armi” sostiene che Ernest Hemingway doveva essersi ispirato all'ospedale da campo, attivo dall'agosto 1915 al 27 ottobre 1917 (ritirata di Caporetto), a Villa Trento di Dolegnano del Collio, in comune di San Giovanni al Natisone, su cui lo storico inglese George Macaulay Trevelyan, direttore della Prima Unità di ambulanze della Croce Rossa Britannica, nel maggio del 1918 a Schio (dove pure giunse poco dopo Ernest Hemingway) aveva scritto un dettagliato resoconto. La villa dei conti di Trento, situata sulla strada che collega San Giovanni al Natisone alla provinciale Cormons-Cividale, è oggi nascosta alla vista da una folta vegetazione; ne rivela la presenza solo un alto muro merlato che, oltre la strada, circonda il brolo. Di influenza veneta, costruita nella prima metà del Settecento, presenta il corpo padronale a pianta rettangolare, di notevoli dimensioni, a tre piani, e due ali laterali a due piani; due barchesse e un grande parco sul retro. Ha un passato glorioso, avendo dato ospitalità a regnanti di passaggio: Napoleone e Giuseppina, Pio X, i reali d'Italia. Come tante altre ricche dimore del Friuli, anche Villa Trento fu oggetto di saccheggi durante la prima e la seconda guerra mondiale. Occupata durante l'invasione austro-tedesca del 1917-18, al piano terreno erano state sistemate le stalle della cavalleria; e dal 1943 al 1945 fu successivamente occupata da tedeschi, americani, indiani e inglesi.
Oltre ad Addio alle armi (1957), un altro film, ispirato alle esperienze del giovane Ernest Hemingway sul fronte italiano, è stato parzialmente girato in Friuli: Amare per sempre ( In Love and War , 1996), di produzione inglese, diretto da Richard Attenborough (il regista di Ghandi ), interpretato da Sandra Bullock, nel ruolo di Agnes von Kurowski, la crocerossina americana che fu il grande amore di Hemingway, e Chris O'Donnell. Tra le location friulane: la vecchia stazione di Budoia, in provincia di Pordenone, nelle sequenza della partenza di Hemingway, che ritorna in America. Altro film autobiografico, parzialmente girato in location del Veneto, è Le avventure di un giovane ( Hemingway's Adventures of a Young Man , 1962), ispirato alle vicende del giovane Nick Adams della raccolta di racconti Nel nostro tempo ( In Our Time , 1925), diretto da Martin Ritt e interpretato da Richard Beymer, Arthur Kennedy (nel ruolo del padre di Nick), Susan Strasberg, Paul Newman, Eli Wallach, Ricardo Montalban.
Il secondo “nucleo” del documentario prodotto dalla Cineteca del Friuli riguarda la presenza di Hemingway nel secondo dopoguerra, nel 1948 e nel 1954 (anno in cui la sua fama era al culmine grazie al Premio Nobel, che gli fu consegnato a Cuba, dove era convalescente a causa delle ferite riportate nei suoi avventurosi viaggi in Africa, per il suo romanzo Il vecchio e il mare / The Old Man and the Sea , pubblicato nel 1952) principalmente nella Bassa friulana, in occasione di battute di caccia e di pesca. Lo scrittore, infatti, fin dall'infanzia, quando trascorreva le vacanze estive nei boschi attorno al lago Walloon, aveva cominciato ad apprezzare, sotto la guida del padre, l'arte venatoria, la vita all'aria aperta e in particolare lungo i fiumi, l'osservazione scrupolosa e l'interesse per la natura unitamente alla gioia di misurarsi nella sfida con essa. Così, anche più tardi, aveva trovato un ambiente ideale e stimolante nelle distese vallive e nelle lagune verso l'Adriatico, ospite di famiglie signorili locali, in un ambiente che rappresentava ancora una sorta di “profondo Sud friulano” (che non poteva non ricordare allo scrittore americano atmosfere ed ambienti analoghi del vecchio Sud degli Stati Uniti), un mondo verde di campi, salici, pioppi, lagune, corsi d'acqua, lussureggiante, in cui spiccavano le residenze e gli eleganti modi di vita di famiglie come i Mocenigo, Robilant, Zuzzi, Gaspari (che organizzavano concorsi ippici), Biaggini, de Asarta, Mangilli, Kechler, Hierschel de Minerbi, Milanese (i cui cavalli erano allevati allo stato selvaggio nelle pinete di Lignano). Queste esperienze friulane sono chiaramente leggibili nel romanzo Di là dal fiume e tra gli alberi (1950). E' la storia di Richard Cantwell, un colonnello cinquantenne, di stanza a Trieste, che durante il fine settimana si reca a Venezia, e di Renata, una contessina, in cui Hemingway vuole rappresentare lo spirito della giovinezza, “rinato” nella mente del protagonista, amareggiato dall'esperienza, invecchiato e inasprito dalla guerra. Nel romanzo l'incontro tra i due avviene all'Harry's Bar di Venezia: “...poi lei entrò nella stanza, tutta splendente di giovinezza e di slanciata bellezza e di disordine che il vento le aveva fatto nei capelli. Aveva una pelle pallida, quasi olivastra, il profilo che avrebbe colpito il cuore di chiunque e i capelli bruni, di fibra vivace, le cadevano sulle spalle”. Così Hemingway dipinge la figura di Renata, ispirata ad Adriana Ivancich, appartenente a una famiglia proprietaria di grandi tenute nella Bassa friulana e della magnifica Villa Mocenigo-Biaggini-Ivancich a San Michele al Tagliamento (di fronte a Latisana). Adriana Ivancich, della cui famiglia Hemingway era amico e della quale fu ospite in varie occasioni, aveva diciannove anni quando egli la conobbe. Era una giornata piovosa all'inizio di dicembre del 1948. Da Villa Kechler a San Martino di Codroipo Hemingway era partito per una partita di caccia (“in botte”) alle anatre, organizzata dal barone Nanyuki Franchetti nella sua tenuta di Valle San Gaetano (laguna di Caorle), a bordo della Buik azzurra del conte Carlo Kechler, che, sul sedile posteriore, teneva in mano una cartucciera. Il conte Carlo voleva presentare il suo ospite al fratello Alberto, detto “Titti”, che lo aspettava nella villa di Fraforeano. Dopo una colazione in cui Hemingway parlò di guerra, l'auto, guidata da Sanson, l'autista dei Kechler, riparte alla volta di Latisana. Ad un incrocio presso la piazza principale di Latisana, sotto una stretta tettoia, davanti alle vetrine di un negozio ancora chiuso, sta in piedi una figura femminile. il conte Carlo la chiama: “Su, presto, entra! Non ti aspettavi di trovarmi su una Buick, vero? Scusa il ritardo, ma siamo passati da Fraforeano, da Titti, e ci siamo messi a parlare di guerra, e sai come è Ernest quando comincia a parlare di guerra .A proposito, conosci Ernest, Ernest Hemingway? Ernest, questa è Adriana”. Il passeggero seduto sul sedile anteriore, girando le spalle massicce, vede un viso pallido, incorniciato da una gran massa di capelli bruni, il cappotto fascia un corpo non molto alto ma slanciato. “Terribly sorry, Adriana. It's all my fault. I hope you will forgive me” (“Scusami tanto, Adriana. E' tutta colpa mia. Spero che tu voglia perdonarmi”). Così avviene il primo incontro fra Hemingway e Adriana Ivancich, che lo ricorda come un vecchio: fronte tagliata da due rughe profonde; baffi dritti sopra le labbra, caratterizzate da una piega scanzonata; occhi vivi e penetranti. Poco dopo Hemingway dice ad Adriana: “Carlo mi ha detto che abiti oltre il fiume”. “Sì, oltre il fiume” conferma Adriana. Il titolo del romanzo di Hemingway non deriva però da questa location; ma si tratta di un riferimento alle ultime parole pronunciate dal generale dell'esercito confederato Thomas Jonathan Jackson (1824-1863), detto per la sua fermezza “Stonewall” (“muro di pietra”), ferito a morte nella battaglia di Chancellorsville, nel West Virginia, durante la guerra civile americana. Da poco orfana di padre, Adriana Ivancich fu “adottata” da Hemingway, che la chiamava “Daughter”, mentre lei lo chiamava “Papa”, come è testimoniato dalla loro corrispondenza e dal libro scritto da Adriana La torre bianca , pubblicato da Mondadori nel 1980, fondamentale per conoscere il legame che unì Hemingway ad Adriana. Tra l'altro, come Adriana aveva ispirato ad Hemingway il personaggio di Renata, anche una sua prozia, Yole Biaggini Moschini, aveva ispirato a Fogazzaro il personaggio di Jeanne Dessalle di Piccolo mondo moderno e Il Santo . Nel suo libro Adriana Ivancich rievoca molti avvenimenti, come il suo lungo soggiorno (dall'ottobre 1950 al febbraio dell'anno successivo, con il fratello maggiore Gianfranco e la madre, alla Finca Vigía, la residenza di Hemingway su una collina di San Francisco de Paula, a nove miglia da L'Avana (Cuba),( e sembra che la sua presenza abbia giovato alla creatività dello scrittore, intento in quel momento a lavorare alla storia del pescatore Santiago di The Old Man and the Sea / Il vecchio e il mare ); dettagli come quello dei disegni fatti da lei che lo scrittore volle per le copertine delle edizioni americane dei romanzi Across the River and Into the Trees (New York 1950) e The Old Man and the Sea (New York 1952), pubblicati da Charles Scribner. Ma il libro di Adriana Ivancich è anche una fonte molto interessante per conoscere altri personaggi ed episodi del periodo della guerra, della Resistenza, in cui fu attivo suo fratello Gianfranco, e dell'immediato dopoguerra, quando suo padre Carlo, prelevato nel cuore della notte da una casa del suo fondo di Molinovo dove era sfollato, venne ucciso da estremisti e il suo corpo, abbandonato sul greto del Tagliamento, fu trovato dal figlio tre giorni dopo. In particolare, anche Gianfranco Ivancich, nell'intervista che ha rilasciato per questo documentario della Cineteca del Friuli, rievoca molti aspetti ed episodi di quel difficile e complesso momento storico (1943-1945), quando il fiume Tagliamento venne a rappresentare un importante obiettivo, non solo strategico, ma anche politico-territoriale, un ulteriore motivo di lotta e tensione nella già dura situazione di quel periodo storico, per nazisti (segnava il confine tra il Litorale Adriatico/Adriatisches Kunstenland, sotto il diretto controllo militare germanico, e la Repubblica Sociale Italiana), per jugoslavi, partigiani di diverse formazioni, anglo-americani.
Relativamente ad Adriana Ivancich, com'é noto, quando uscì il romanzo Across the River and Into the Trees l'identificazione del personaggio femminile (Renata-Adriana) scatenò i pettegolezzi dei rotocalchi e fece scandalo a Venezia, tanto che Hemingway proibì per almeno due anni la pubblicazione del romanzo in italiano. Il caso “Renata-Adriana” ritornò sulla stampa anche in anni successivi, come quando la baronessina Afdera Franchetti, sorella di Nanuyki (amico di Hemingway), la quale nel 1957 sposò l'attore Henry Fonda, in un'articolo pubblicato sul settimanale “L'Europeo” dichiarò di essere stata lei l'ispiratrice del personaggio di Renata.
Fu dunque Adriana Ivancich, ma anche la malìa del paesaggio della Bassa friulana, visto soprattutto nel suo aspetto invernale, a produrre in Hemingway quella sorta di incantamento” che gli permise di tradurre in finzione letteraria le sue più recenti esperienze ed ompressioni: la seconda guerra mondiale; il declino dell'età; i ricordi della giovinezza; l'inquietudine. Il colonnello Richard Cantwell del romanzo è una personalità complessa. Anch'egli, come Ernest Hemingway, aveva partecipato alla battaglia delle Ardenne nel 1944 ed era stato ferito nel 1918 a Fossalta di Piave. Era perciò personificazione di Nick Adams e di Frederick Henry di Addio alle armi . Il colonnello, come Ernest, va a caccia sulla laguna e alle foci del Tagliamento e si innamora di una contessina veneziana. E' malato di cuore e la sua familiarità con la morte lo induce a tirare le somme della sua esistenza. La funzione di Renata è di trasformare un'attesa fine violenta nella “grazia di una felice morte”. E la morte lo coglie una sera, sul sedile posteriore della sua auto, lungo una strada fiancheggiata da salici, mentre sta per imboccare l'autostrada per Trieste. Hemingway comincia a scrivere Di là dal fiume e tra gli alberi , concepito originariamente come racconto, durante il suo soggiorno a Cortina d'Ampezzo al principio del 1949; lo continua poi a Cuba, lavorando tutta l'estate. Per non perdere le suggestioni di quella particolare atmosfera, sente il bisogno di ritornare nuovamente a Venezia e in Friuli da gennaio a marzo del 1950 e in tale occasione ridimensiona (con ampi tagli) l'opera, che, diventata un agile romanzo, è pubblicata negli Stati Uniti dapprima a puntate sulla rivista “Cosmopolitan” da febbraio a giugno del 1950. Usce poi in volume il 7 settembre dello stesso anno; ma è accolto negativamente dalla critica ufficiale. Nello stesso anno il romanzo appare anche in Italia in un'edizione in lingua inglese curata da Mondadori, ma anche qui è stroncato, principalmente da Alberto Moravia e Giovanni Comisso. Viene però difeso da Elio Vittorini, che precisa: “Il romanzo non è la storia di un colonnello americano che amoreggia, cinquantenne, con una contessina ventenne di Venezia, e poi muore. Ma è, fin dalla prima pagina, la storia di un uomo che muore, e che fa quei discorsi perché muore, si ubriaca perché muore, amoreggia perché muore...” e sottolinea nei dialoghi il “tema ossessivo delle due guerre mondiali vedte l'una dentro l'altra in un incalzante miscuglio di 1918 e di 1944...”. Per Vittorini questo romanzo è la naturale conclusione del motivo della “ferita”, dello scombussolamento messo a nudo dalle due guerre, già evidente nei racconti scritti negli anni ‘20 e in Addio alle armi . Anche Paolo Monelli ( Un Colonnello in gamba , in “La Stampa”, 17 ottobre 1950) difende il romanzo di Hemingway: gli piace “per l'amarezza rassegnata che l'invade, per il presentimento della morte, per la malinconia di una vita che si chiude come termina una pratica amministrativa. La morte è per il colonnello come essere congedato, senza speranze, senza illusioni; senza lasciare ne' eredità ne' ricordi. Ha detto addio alla ragazza, la ragazza ha detto addio a lui, tutto è in ordine. (La ragazza si consolerà presto, ha diciannove anni). La mattina alle anatre ha sparato bene. Si rimette in macchina sulla via di Trieste...” In Italia più tardi Across the River and Into the Trees viene tradotto da Fernanda Pivano ed edito da Mondadori nel 1965. E' proprio in quell'occasione, che, a pochi anni dalla tragica morte dello scrittore (suicida nella sua casa di montagna a Ketchum, presso Sun Valley, nell'Idaho, la mattina di domenica 2 luglio 1961), la stampa diffonde la notizia di un progetto relativo ad una versione cinematografica di quel romanzo. Sembra che Gary Cooper fosse interessato ad interpretare il ruolo del colonnello Cantwell e che Hemingway fosse contento di ciò. Si parlò poi del regista Richard Quine e di William Holden, Virna Lisi o Catherine Spaak come attori e del Friuli come set. Nel 1975 il regista John Huston (che nel marzo del 1957, in disaccordo con il produttore Selznick aveva abbandonato, proprio all'inizio delle riprese, il set di Addio alle armi ) parve interessato a realizzare un film tratto dal romanzo Di là dal fiume e tra gli alberi , di cui aveva scritto la sceneggiatura, e si era pensato a Richard Burton per il ruolo del colonnello Cantwell e a Marcello Mastroianni per quello del “Gran Maestro”. Ma di tutti questi progetti non se ne fece nulla.
La villa Mocenigo-Biaggini-Ivancich di San Michele al Tagliamento fu costruita, probabilmente alla metà del Cinquecento, dalla celebre famiglia patrizia veneziana dei Mocenigo (che tra i suoi membri annovera anche Alvise Mocenigo, 1760-1815, l'artefice della vicina Alvisopoli, presso Fossalta di Portogruaro, altro gioiello architettonico, la “città moceniga”, “città modello” sulla scia delle concezioni illuministiche settecentesche). Situata a poche decine di metri dal Tagliamento, la villa era dotata di un approdo privato sul fiume, fornito di scivolo e banchina lignea. Era infatti consuetudine, per i Mocenigo, arrivare in barca da Venezia, attraversando le lagune e risalendo il Tagliamento. Per circa tre secoli Villa Mocenigo rappresentò un microcosmo armonioso, ingentilito dalla verde cornice del contesto ambientale. Nel 1873, assieme alla tenuta di novecento ettari, fu acquistata dall'imprenditore padovano Vincenzo Biaggini, e successivamente da Carlo Ivancich, diplomatico, la cui famiglia di armatori all'inizio dell'Ottocento si era trasferita da Lussinpiccolo a Venezia. Oltre a Hemingway, fu ospite a Villa Mocenigo-Biaggini-Ivancich anche il poeta e filosofo americano Ezra Pound (1885-1972), amico di Gianfranco Ivancich, figlio di Carlo e fratello di Adriana. Di questo scrittore, considerato uno dei maggiori innovatori dell'arte novecentesca, ritornato in Italia alla fine degli anni ‘50 dopo le vicissitudini legate alla prigionia, al processo per tradimento per collaborazionismo col fascismo durante la seconda guerra mondiale e un lungo periodo di internamento in manicomio negli Stati Uniti, Gianfranco Ivancich curò anche l'edizione di un'opera. E' dunque singolare il fatto che due tra i maggiori scrittori americani del Novecento (e, tra l'altro Pound e Hemingway furono amici sin dai tempi del loro soggiorno a Parigi negli anni ‘20, e Hemingway riconobbe Pound, che ammirava molto, come sua guida negli intensi anni della sua formazione letteraria, come colui che lo introdusse alla cultura europea) abbiano soggiornato, sia pure separatamente e in momenti diversi, in questa parte del Friuli, ovvero tra San Michele al Tagliamento e Latisana. In realtà, quando Hemingway cominciò a frequentare gli Ivancich, della magnifica villa di San Michele al Tagliamento sopravvivevano, in precario stato di conservazione, le due barchesse, attribuite al celebre architetto veneziano Baldassarre Longhena (1598-1682)( nelle quali si può riconoscere il suo gusto per l'esaltazione chiaroscurale, la densità delle forme, la scenografia trionfale) e i resti dell'oratorio intitolato a San Giuseppe; un grande edificio adibito ad usi agricoli, il bel parco e il giardino. Ma la villa vera e propria (il “Palazzo Rosso” come veniva anche chiamata, in quanto abitualmente dipinto di questo colore ) situata ad est, verso il fiume, era totalmente scomparsa, colpita il 28 agosto 1944, vittima dei terribili bombardamenti aerei che colpirono ininterrottamente la zona per quasi un anno; molto del materiale della villa venne poi asportato dai tedeschi per la costruzione di fortificazioni lungo la spiaggia di Bibione, che venne fittamente minata per timore di uno sbarco degli Alleati sulla costa. Nel maggio del 1944, in concomitanza con le operazioni militari per la liberazione di Roma e l'avanzata verso nord, venne infatti attuato dagli Alleati un gigantesco piano di bombardamenti aerei sul territorio occupato dai tedeschi. San Michele al Tagliamento e la sua dirimpettaia Latisana venivano a trovarsi in un'importante posizione strategica, a ridosso di due ponti, quello ferroviario in ferro (costruito nel 1888) e quello carrozzabile, vitali per le comunicazioni militari con la Germania e ad est con Trieste; infatti solo tre ponti mettevano allora in comunicazione il Friuli con il resto dell'Italia. A differenza del Ponte della Delizia presso Casarsa, lungo un chilometro e facilmente vulnerabile, quelli di San Michele al Tagliamento-Latisana, data la loro modesta dimensione, rappresentavano un difficile bersaglio. La zona venne fittamente presidiata da truppe tedesche. A San Michele al Tagliamento, in un primo tempo, si era insediato anche un comando di cosacchi, poi sostituito da un comando tedesco di artiglieria contraerea. A partire dal 14 maggio 1944 (un attacco notturno con razzi e bengala durato più di quattro ore) fino al 29 aprile del 1945 i due paesi furono sottoposti a una devastante serie di incursioni aeree - settantacinque -, che, scaricando migliaia di tonnellate di bombe, distrussero, assieme ai ponti, il 75% degli edifici di Latisana e il 100% di quelli di San Michele al Tagliamento, una percentuale apocalittica, tanto che fu definita “la Cassino del Nord”. Più di seicento famiglie rimasero senza tetto. In relazione a tali tragici avvenimenti nel lavoro che la Cineteca del Friuli ha in preparazione verrà inserito un breve documento filmato di produzione americana che, da un aereo che sovrasta la zona, mostra uno di quei bombardamenti. Era dunque ancora un paesaggio di rovine e di macerie quello che Hemingway vide nel dopoguerra, come si legge in alcuni passi del romanzo Di là dal fiume e tra gli alberi , quando il vecchio colonnello Cantwell è in viaggio col suo autista Jackson: “Ieri era sceso in macchina da Trieste a Venezia per la vecchia strada che univa Monfalcone a Latisana. Aveva un bravo autista e si era abbandonato tranquillo sul sedile anteriore della macchina a guardare la regione che aveva conosciuto da ragazzo. E' molto diversa ora, pensò...Fecero una curva e attraversarono un ponte provvisorio sul Tagliamento. Era verde lungo le rive e qualcuno pescava sulla sponda lontana che precipitava ripida nell'acqua. Il ponte saltato in aria era in riparazione tra un frastuono di martelli, e a ottocento metri di distanza i resti degli edifici e annessi di ciò che ormai erano le macerie di una villa costruita in passato da Longhena mostravano il punto nel quale i bombardieri medi avevano sganciato il loro carico. “Guardi” disse l'autista. “In questa zona si trova un ponte o una stazione ferroviaria. poi si fa un chilometro in qualsiasi direzione e si trova roba di questo genere”. “Credo che la lezione sia questa” disse il colonnello “non fatevi una villa o una chiesa o se avete una chiesa non fatevi gli affreschi di Giotto, se siete a ottocento metri da un ponte”. “Immaginavo che dovesse esserci una lezione, signor colonnello” disse l'autista. Oramai avevano oltrepassato le macerie della villa e avevano infilato il rettilineo coi salici che crescevano lungo i fossi ancora cupi per l'inverno, e i campi pieni di gelsi”. Pochi anni dopo Hemingway trovò effettivamente un autista friulano: Adamo De Simon di Osoppo. Lo scrittore lo conobbe nel 1953 a Le Havre. De Simon diventò così per due anni l'autista, ma anche il confidente e l'amico dello scrittore, e con la sua Lancia accompagnò lui e Mary Welsh (la quarta moglie di Hemingway, sposata nel 1946) in vari viaggi in Francia e Spagna. Adamo De Simon è morto nel 1998; ma la figlia Daniela ne conserva testimonianze e ricordi. Dopo il 1954 Hemingway non tornò più in Friuli, ma un altro friulano fu con lui nei suoi viaggi attraverso l'Europa, il fotografo Mario Casamassima che lo accompagnò in Spagna.
Oltre agli Ivancich, un'altra famiglia che fu amica di Hemingway è quella dei Kechler. A tale proposito, alcune riprese del documentario prodotto dalla Cineteca del Friuli sono effettuate in due ville in cui lo scrittore americano fu ospite: Villa de Asarta a Fraforeano di Ronchis e Villa Kechler a San Martino di Codroipo. L'amicizia di Hemingway con i Kechler risale all'inizio del 1948, quando, tramite Miuccio Apostoli, medico condotto di Cortina, lo scrittore venne presentato al conte Federico Kechler (fratello di Carlo e Alberto) e a sua moglie Maria Luisa, che lo invitarono a una partita di pesca alla trota “con la mosca asciutta” ad Anterselva. La villa dei Kechler a Fraforeano, costruita dalla famiglia patrizia veneziana Barbarigo verso la metà del Settecento, e più tardi acquistata dai de Asarta, posta al centro di una vasta tenuta agricola e perciò dotata di un gran numero di rustici, presenta una elegante facciata, caratterizzata da un timpano arrotondato al vertice, contenente un orologio, ricoperta da un immenso glicine che ne lascia appena intravedere la struttura. La scenografica Villa Kechler, che, costruita secondo uno schema veneziano, risale alla metà del Seicento e in cui Hemingway fu ospite del conte Carlo Kechler, suo amico di caccia e di letture, è situata ai margini di San Martino di Codropio, un tipico borgo friulano, con restauri che sostanzialmente hanno rispettato l'antica struttura. L'imponente complesso di Villa Kechler, il cui nucleo è costituito dalla casa padronale, alla quale si aggiungono le barchesse, il giardino e il vasto parco sul retro, fu un tempo proprietà della celebre famiglia Manin, che la vendette per realizzare, a pochi chilometri di distanza, la grandiosa villa di Passariano. Alla fine del 2005 in un'ala ristrutturata della Villa Kechler di San Martino di Codroipo verrà inaugurato un Museo delle carrozze. Fu proprio quando si trovava ospite di Federico Kechler a San Martino di Codroipo nell'aprile del 1954, che Hemingway, reduce dalle ferite causate dall'incidente aereo in Africa del 23 gennaio precedente, scoprì la selvaggia bellezza di Lignano Pineta, le sue dune, le boscaglie di pini, bassi ginepri, erica. Infatti lo scrittore, che soffriva al rene destro e camminava con una scarpa tagliata per lenire il dolore del piede ferito, fu indotto dal suo ospite a sottoporsi ad una visita del radiologo Vespignani a Venezia e, durante il tragitto, il conte gli propose di visitare Lignano, dove l'anno precedente era stata costituita la società per azioni Lignano Pineta, che aveva acquistato una vasta zona vergine ad ovest della colonia. Il terreno regalato a Hemingway dai Kechler in quella occasione (lo scrittore mise la firma sulla mappa nel punto in cui avrebbe voluto costruire la sua casa) costituisce il nucleo attorno al quale trent'anni dopo venne creato il Parco Hemingway di 40.000 metri quadrati, inaugurato il 23 giugno 1984, con la partecipazione del figlio maggiore dello scrittore, John/Jack/Bumby. Ospiti di Lignano sono state anche le nipoti dello scrittore: Margaux, la famosa modella e attrice (che si suicidò il 2 luglio 1996), a trentacinque anni esatti dalla morte del nonno, e Mariel, anch'essa attrice. Oltre che a Fraforeano e a San Martino di Codroipo, Hemingway nei mesi di aprile e maggio del 1954 (dopo l'incidente in Africa) fu ospite di Federico e Maria Luisa Kechler anche nella loro villa di Percoto, la quale però in seguito è stata ristrutturata ed ha completamente perduto l'aspetto originario.
Questo documentario, che attorno alla figura e alla presenza di Hemingway in Friuli cerca di ricostruire una ricca serie di dati, elementi e testimonianze, è realizzato su vari piani, da quello biografico a quello letterario, da quello cinematografico a quello storico e della memoria, attraverso vari e differenti paesaggi e ambienti, tenendo conto di quanto Hemingway fosse sensibile al “senso del luogo” (“se non si ha una geografia, uno sfondo, non si ha niente”). Egli infatti traccia sempre accuratamente il piano geografico dei suoi romanzi (in cui le parole “paesaggio”, “campagna” ricorrono spesso), ma senza che diventi opprimente, allenandosi a vedere e a ritenere gli aspetti particolari di un luogo, che ne fanno quel luogo. Nel nostro documentario sulle tracce di Hemingway si passa quindi dal paesaggio austero di Venzone, dominato dai toni grigi delle sue mura e delle sue montagne, a quello smeraldino sanmichelino-latisanese e del basso Tagliamento: il “profondo Sud” friulano. In tale contesto si incrociano ricordi trasfigurati dal tempo, fiction e frammenti di realtà; si incontrano, in un dialettico e mosso gioco di sovrapposizioni, inevitabilmente fondendosi o confondendosi, compenetrandosi, personaggi autentici ed elementi veri e figure ed invenzioni romanzesche o cinematografiche. (Luglio 2005)

 

 
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