Fondo Alessandro D'Eva

È costituito da soggetti e sceneggiature di film realizzati dal direttore della fotografia di Udine e da racconti e sceneggiature da lui scritti e non realizzati. Ci sono anche i video di molti film da lui illuminati; quelli realizzati durante le interviste condotte da Lorenzo Codelli per la realizzazione del libro Udine, Tahiti, Pechino, Cinecittà ; e quelli che documentano il laboratorio di fotografia cinematografica tenuto da “Sandrone” a Gemona nel luglio 2003.

 



ALESSANDRO D'EVA (Udine, 18.11.1927 - Roma, 29.3.2013)

Sandro D'Eva a Gemona durante il corso di fotografia cinematografica da lui tenuto dal 29 al 31 luglio 2003. (Foto Paolo Jacob)

Un ricordo di Alfredo Baldi
Ho conosciuto Sandro D’Eva al Centro Sperimentale di Cinematografia, la scuola dove insegnava – forse dovrei dire “dove si divertiva lavorando” – chiamato da Peppino Rotunno nella sezione di “Ripresa” già alla fine degli anni Ottanta. Per lunghi periodi non lo vedevo, occupato come era nella sua professione di direttore della fotografia che lo impegnava su ogni set per diversi mesi. E Sandro era uno di quelli che lavoravano molto. Negli anni Novanta l’ho potuto conoscere meglio: ero diventato il direttore amministrativo della Scuola e tutti i docenti dovevano passare da me per discutere e firmare il loro contratto di collaborazione con il Centro. Quindi anche Sandro, del quale apprezzavo la simpatia, la cordialità, l’attaccamento all’insegnamento e al suo "principale", Peppino Rotunno appunto, coordinatore del corso di Ripresa.
Poi nel 1995, invitato a Udine a un piccolo ma vivace Festival, Udine Incontri Cinema, me lo sono ritrovato con una certa sorpresa tra gli ospiti, insieme a sua moglie Pina che ancora non conoscevo. Non ricordavo che Sandro fosse friulano, e proprio di Udine, così come lo era la Pina. E Sandro e Pina, notando che mi sentivo un po’ isolato – non sono mai stato una persona molto socievole – mi hanno subito "adottato", portandomi a mangiare con loro, facendomi conoscere i loro amici, conducendomi visitare i luoghi più interessanti della città. Da lì è nata una sincera amicizia che non è mai tramontata, alimentata anche dal fatto che Sandro era stato direttore della fotografia degli ultimi "film di Fantozzi" e aveva conosciuto Milena (che sarebbe divenuta mia moglie) nel 1990, ancora prima di me. Purtroppo le occasioni di vederci negli ultimi tempi erano diventate molto rare. Sandro dal 2003 non insegnava più al Centro che io stesso avevo lasciato qualche anno dopo. Ma soprattutto, dopo aver dovuto chiudere il loro ristorante "Al Fogher", a Roma in Via Tevere, lì dove sono scese generazioni di gente di cinema, italiani e stranieri, famosi e meno, Sandro e Pina facevano vita molto ritirata. Sandro aveva avuto un primo infarto nel 1990, causato dalla sua vita allegramente disordinata: gli piaceva mangiare, bere, fumare, guidare macchine sportive, condurre barche a vela transoceaniche e il suo cuore andava via via peggiorando, obbligandolo a una dieta severa e a una vita sempre più controllata. Che però spesso Sandro infrangeva senza drammi, concedendosi, quando invitava Milena e me al loro ristorante, un bicchiere di vino in più o una doppia porzione del delizioso risotto con le albicocche preparato da Pina, cuoca superba.
Era un mite, un buono, un generoso Sandro. Aveva un grande amore per i suoi allievi, nei confronti dei quali il suo atteggiamento era paterno, ma mai paternalistico; era sempre in disparte sui set dove i ragazzi giravano i loro saggi, ma sempre pronto a dare un suggerimento, un consiglio, una mano. Ci lascia la fotografia di una settantina di film, a cominciare dalle prime pellicole filmate a colori in terre lontane ed esotiche, come La muraglia cinese di Carlo Lizzani nel 1958 o Odissea nuda di Franco Rossi nel 1961, per finire con i toni rutilanti delle commedie girate con i fratelli Vanzina e con Neri Parenti. Poi, a metà degli anni Novanta, aveva lasciato i set professionali e si era dedicato all’insegnamento al Centro Sperimentale, dal quale aveva ricavato non minori soddisfazioni.
Negli ultimi tempi, quando gli telefonavo mi confidava sempre malinconicamente – per lui, ma ancora più per me – che ero l’unico che si ricordava di lui e che lo chiamava. Poi qualche settimana fa l’ho chiamato e non l’ho trovato in casa: mi è stato detto che era ricoverato in ospedale per una nuova crisi. E proprio quel giorno, 29 marzo, Venerdì Santo, Sandro ci ha lasciato. Stavolta il suo cuore generoso ma maltrattato non ce l’ha fatta. (Roma, 24 aprile 2013)

 

 

 

 
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