Le Giornate del Cinema Muto 2013

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Presentazione (dal catalogo 2013)
Non siamo soli!
Le istituzioni culturali di quasi tutto il mondo sono vittime, come noi, del difficile momento economico. Nel nostro caso, c’è stato persino un momento in cui sembrava che il futuro stesso delle Giornate fosse a rischio. Risparmiando il più possibile a livello organizzativo – con conseguenze di cui i nostri ospiti non tarderanno ad accorgersi, ma che siamo certi comprenderanno – siamo riusciti ancora una volta a mantenere in vita il festival.
Non ci siamo però limitati a sopravvivere: infatti il programma del 2013 è forse uno dei più avventurosi della nostra storia. È un’affermazione che abbiamo fatto spesso negli anni scorsi, ma sicuramente nessun programma finora aveva presentato un’offerta così ricca in termini di SCOPERTE. All’inizio, forse, gli ospiti si troveranno addirittura disorientati di fronte a un così vasto panorama di nomi e titoli completamente nuovi; ma i nomi nuovi non verranno dimenticati ancora una volta e lasceranno certamente una traccia duratura nella storia del cinema.
Una vera rivelazione è la stagione sperimentale del cinema ucraino. Un breve periodo di relativa autonomia politica ed economica favorì lo sbocciare di una generazione di vigorosi artisti d’avanguardia. Conosciamo già alcuni dei film che di questa stagione furono il frutto: Zvenyhora, Arsenal e Zemlya (La terra) di Dovzhenko; Liudyna z kinoaparatom (L’uomo con la macchina da presa) e Odynadtsiatyi (L’undicesimo) di Dziga Vertov (film che non avrebbe potuto realizzare a Mosca); Navesni (Primavera) di Mikhail Kaufman. Si tratta però di opere che gli storici tradizionali hanno genericamente definito “sovietiche” citatandole col solo titolo russo. Altri registi di grande rilievo sono semplicemente scomparsi dalla scena, poiché i loro film furono archiviati e sepolti allo svanire dell’effimera autonomia ucraina. Quest’anno arriveranno a Pordenone, riscoperti dopo ottant’anni di oblio, i film di Mykola Shpykovskyi, Heorhii Tasin e Heorhii Stabovyi, oltre che di un altro esule da Mosca, Viktor Turin.
I film svedesi della fine degli anni Venti non sono stati soppressi, bensì oscurati da quell’età dell’oro che sembrava tramontata quando Hollywood strappò Sjöström, Stiller, Garbo e Hanson al loro paese natale. In realtà, come possiamo constatare oggi, il cinema svedese continuò a muoversi con sicurezza, puntando – nel tentativo di conservare un mercato internazionale – non più su drammi rurali basati sui classici della letteratura nazionale, ma su temi più spiccatamente urbani, sofisticati e soprattutto cosmopoliti, scegliendo in ambito internazionale sia le star (Lil Dagover, Elissa Landi, Louis Lerch) che i registi (Anthony Asquith, di cui vedremo la versione svedese – Fången n:r 53 – di A Cottage on Dartmoor).
Quattro sono i film di Gustaf Molander, la cui straordinaria carriera si estende dal 1916, quando collaborava come sceneggiatore con Sjöström e Stiller, al 1967. Questi ultimi film muti vanno da Förseglade läppar, ovvero quel “Labbra sigillate” che dà il titolo alla rassegna, al dramma romantico Hans engelska fru (La moglie inglese) a una spassosa commedia con Pat e Patachon. Alcune di queste opere sono rimaste per lungo tempo inaccessibili, ma grazie al corposo programma di restauri dello Svenska Filminstitutet si possono nuovamente vedere (non più labbra sigillate, dunque, anche in senso letterale, considerato che la commedia Konstgjorda Svensson propone vivaci sequenze sonore).
Dopo aver riscoperto l’anno scorso Anna Sten, nel 2013 Pordenone presenta una star che non è certo sconosciuta al pubblico delle Giornate: in The Manxman e Blackmail Anny Ondra è stata il prototipo delle eroine bionde predilette da Hitchcock. Ora possiamo ammirarla in una luce ben diversa, ossia come Anny Ondráková, la “Buster Keaton in gonnella” della Cecoslovacchia – definizione peraltro fuorviante, perché Anny è stata una donna e un’attrice originale, ricchissima di fascino e di duttile talento. Tuttavia, di solito, è ricordata soprattutto per il suo matrimonio (durato ben 54 anni) con il pugile Max Schmeling: la loro storia d’amore è stata oggetto di ben tre versioni cinematografiche, in una delle quali l’incantevole Anny è interpretata da Britt Ekland.
Rolf Aurich e Wolfgang Jacobsen, nell’introduzione alle opere di Gerhard Lamprecht presentate dalla Deutsche Kinemathek, sottolineano giustamente “lo sguardo acuto e la partecipazione affettuosa” che contraddistinguono quest’autore. Lamprecht traccia un ritratto dei quartieri poveri di Berlino (e in particolare dei bambini che li popolano) paragonabile alle illustrazioni di Heinrich Zille e prima ancora di Käthe Kollwitz. Come loro, egli “non era solo un osservatore interessato all’umanità, era un osservatore dotato di umanità”. Forse l’eccezionale lavoro svolto da Lamprecht come storico e pionieristico collezionista di cinema ha messo in ombra la sua opera di regista (il suo film più famoso è la prima versione di Emil und die Detektive). Il programma coincide con il cinquantesimo anniversario della Deutsche Kinemathek, nata dalla collezione di film che Lamprecht aveva iniziato a formare all’età di dieci anni, nel 1907.
L’ormai familiare sezione dedicata ai classici dello schermo, “Il canone rivisitato”, include Mat (La madre, 1926) di Pudovkin, riproposto accanto a un precedente adattamento del romanzo di Gor’kij realizzato nel 1919 da Aleksandr Razumnyi: la più antica produzione sovietica finora presentata alle Giornate. Un altro dei film “canonici” è il documentario di Viktor Turin Turksib, che va a integrare la proiezione di Provokator delle Giornate 2012 e quella di quest’anno del suo film ucraino Borotba veletniv (Lotta di giganti): riusciamo così a presentare tutti i lungometraggi muti di questo sfuggente regista. Scherben, diretto dal romeno Lupu Pick, è considerato il primo Kammerspielfilm: Anton Kaes contribuisce al nostro catalogo con una nota di grande spessore, che illustra il particolare significato di quest’opera per la storia del cinema tedesco. Beggars of Life di William Wellman, con la meravigliosa Louise Brooks, verrà proiettato in una serata speciale, con l’accompagnamento di un piccolo ensemble.
Quest’anno, il contributo alla storia del cinema d’animazione presenta – accanto a quotidiani omaggi a Felix the Cat di Otto Messmer e a Ko-Ko the Clown dei fratelli Fleischer – la prima retrospettiva di tutti i tempi (Russia compresa) dell’animazione sovietica degli anni Venti. In questo catalogo due grandi esperti, Sergei Kapterev e Peter Bagrov, ci guidano in un intricato labirinto di propaganda, commercio, libri illustrati per l’infanzia, arte iconoclastica, esperimenti artigianali e mero divertimento.
Tra le rarità italiane più recentemente tornate alla luce, si vedranno al Verdi I promessi sposi di Eleuterio Rodolfi, Il gallo nel pollaio di Enrico Guazzoni, l’importante documentario Viaggio in Congo di Guido Piacenza (1912) e – proiettato esattamente nel giorno del duecentesimo anniversario della nascita del compositore – Giuseppe Verdi nella vita e nella gloria di Giuseppe De Liguoro, realizzato per celebrare il primo centenario nel 1913. La miscellanea “Riscoperte e restauri” offre anch’essa i suoi tesori: Ivan Mozhukhin in Der Geheime Kurier, adattamento alquanto libero da Le Rouge et le Noir di Stendhal; Conrad Veidt e Liane Haid nei ruoli di Cesare e Lucrezia Borgia; un’allegra spedizione sovietica verso la luna in Kosmicheiskii Reis (Viaggio cosmico), il cui consulente scientifico fu il leggendario fondatore della scienza spaziale russa, Konstantin Tsiolkovsky (1857-1935); una compilazione che Elif Rongen-Kaynakçi ha tratto dalla collezione Desmet dell’EYE, “Uomini che soffrono”, in cui vediamo dipanarsi una sfilata di catastrofi tragiche oppure comiche.
La sezione sul cinema delle origini propone per il settimo e conclusivo anno i film dell’eclettica e ricchissima collezione formata dalla famiglia di ambulanti neozelandesi Corrick e ora conservata dalla cineteca australiana. Il pubblico pordenonese vedrà inoltre, raccolto per la prima volta, l’intero repertorio superstite dei film realizzati per e con le apparecchiature Joly-Normandin; un repertorio rimasto nascosto per oltre un secolo a causa del singolare metodo di perforazione e avanzamento della pellicola adottato dal sistema. Ora è finalmente possibile rivedere queste immagini del mondo com’era nel 1896-’97.
Quale preludio a una stagione di lungometraggi di finzione messicani, presentiamo una cronaca della storia del Messico, divisa in tre parti e della durata di sei ore, che abbraccia il periodo compreso tra la fine del diciannovesimo secolo e la conclusione della rivoluzione, compilata sulla base di film e resoconti giornalistici dell’epoca.
La scoperta – avvenuta proprio (e giustamente) a Pordenone – della copia di lavorazione dei prologhi girati da Orson Welles per i tre atti della farsa Too Much Johnson di William Gillette è già stata ampiamente pubblicizzata. Tra le altre, più modeste, scoperte citiamo la prima versione di The Blacksmith di Buster Keaton (il merito va a Fernando Pena e alla Lobster Films) e il trailer originale ucraino per Odynadtsiatyi (L’undicesimo) di Vertov (EYE Filmmuseum). La National Film Preservation Foundation presenta uan selezione di film tratto dalla sua più recente collezione di DVD, composta da tesori cinematografici americani rimpatriati dal New Zealand Film Archive.
Un avvenimento straordinario sarà l’esibizione di Ichiro Kataoka, il più prestigioso benshi del cinema giapponese. Quest’anno il pubblico di Pordenone potrà assaporare per la terza volta l’irripetibile esperienza dei tradizionali “narratori cinematografici” giapponesi dell’epoca del muto. Nel 1990 e nel 2001 abbiamo avuto l’onore di assistere alle interpretazioni della prima insegnante di Kataoka, la famosa artista Sawato Midori, che a sua volta aveva studiato con Shunsui Matsuda (1925-1987), diretto successore dei benshi originali del muto. Per dimostrare l’ampio respiro dell’arte dei benshi, Kataoka-san commenterà due estratti da film storici giapponesi, una storia d’amore lesbica realizzata da Jiro Kawate, Fukujuso (Il profumo dell’adonide gialla, 1935), e infine The Blacksmith di Buster Keaton.
Di fronte alla realtà dei tagli di budget, la nostra prima decisione è stata quella di mantenere la qualità del programma cinematografico, sacrificando essenzialmente i tradizionali eventi musicali speciali: dobbiamo accontentarci, ci siamo detti, dei nostri pianisti stabili, rinunciando ai musicisti esterni. Per la serata inaugurale abbiamo avuto la fortuna di assicurarci la prima dell’edizione italiana del film spagnolo del 2012 Blancanieves, un  “muto del XXI secolo” arricchito da un superbo accompagnamento musicale registrato. Assisterà alla proiezione il regista Pablo Berger, che abbiamo potuto invitare a Pordenone grazie al sostegno della Fondazione CRUP.
Siamo rimasti fedeli alla nostra decisione, ma in seguito amici e sostenitori del festival sono intervenuti per sponsorizzare o “donare” musica, permettendoci così di continuare la nostra tradizione delle serate musicali speciali. La generosità di Banca Popolare FriulAdria ci permette di offrire un evento orchestrale finale in prima internazionale: la commedia di Harold Lloyd The Freshman con la nuova partitura scritta da Carl Davis e da lui stesso diretta. Le compilazioni messicane saranno accompagnate dal pianista José María Serralde Ruiz, mentre l’accompagnamento del Neuv??itelno Trio alla spettacolare pellicola con Anny Ondra P?íchozí z temnot (Colui che viene dalle tenebre) è stato in parte sostenuto da una donazione della WC Fields Productions, Inc., “in memoria del maestro della commedia WC Fields - nostro nonno”.
Accanto a un ambizioso programma di recupero e restauro dei film dell’età d’oro del cinema ucraino, il Centro cinematografico nazionale Oleksandr Dovzhenko di Kiev ha intrapreso l’audace esperimento di invitare musicisti contemporanei a interpretare i film, trascurando i tradizionali accompagnamenti coevi; e ancora una volta il Centro finanzia generosamente numerose esecuzioni di questi artisti per il pubblico pordenonese. Khlib (Il pane) di Mykola Shpykovskyi, vietato per lungo tempo, sarà accompagnato dal trio bielorusso Port Mone, che mescola  “musica classica, noise e folk sperimentale”. Arsenal sarà accompagnato da Yurii Kuznetsov, pianista jazz di culto e improvvisatore multistrumentale, che nel 1999 ha ricevuto un premio da Paul McCartney per la miglior interpretazione di “Yesterday”. Arsenyi Trofim, che nel 2010 ha composto la partitura per orchestra per Nichnyi Viznyk (Il vetturino di notte), a Pordenone accompagnerà il film al pianoforte, mentre il compositore e pianista polacco Marcin Pukaluk eseguirà la sua partitura per Shkurnyk (L’opportunista). La partitura orchestrale composta da Yuri Mykhalchuck per Dva Dni (Due giorni) e quella ideata dai DakhaBrakha, famoso quartetto ucraino di musica mondiale, per Zemlya (La terra) di Dovzhenko, verranno eseguite sotto forma di registrazioni sincronizzate.
I musicisti stabili delle Giornate lavoreranno quotidianamente con due pianisti esterni di grande talento nelle Masterclasses, affascinante viaggio nell’interpretazione musicale delle opere cinematografiche. Il Collegium porterà a Pordenone dodici nuovi giovani studiosi appassionati di cinema muto mentre a un collegian dell’anno scorso verrà assegnato il premio annuale della Banca Popolare FriulAdria per il miglior Collegium Paper. C’è davvero molta carne al fuoco.
Dobbiamo ammettere che questo è un programma più impegnativo di tutti i precedenti. Non vi è forse spettacolo che si possa perdere senza grave danno. Non ci si può permettere di alzarsi tardi, e il livello di ciascun film ci ha costretto a introdurre una lieve ma significativa modifica nella struttura giornaliera del programma. In passato usavamo concentrarci su un unico importante spettacolo serale, seguito da uno spettacolo notturno, di solito composto da film più brevi e meno impegnativi. La frequenza di scoperte importanti ci ha obbligato a collocare ogni sera due film principali. Ci scusiamo con coloro che, come abbiamo scoperto, consideravano talvolta gli spettacoli notturni una scusa per andarsene a letto presto. Non sarà più possibile: il programma di quest’anno è troppo bello!
Come al solito, noi delle Giornate non temiamo di dirci orgogliosi del programma che abbiamo il privilegio di presentare e questo perché il merito non è nostro. Il festival è un dono dei nostri amici e indispensabili sostenitori, quegli archivi internazionali che da soli, con un lavoro di conservazione durato decenni e con un generoso contributo in termini di ricerca e di tempo a noi dedicato, rendono possibile lo svolgimento del festival.
Purtroppo quest’anno dobbiamo ricordare la scomparsa di cinque cari amici: Vladimir Yurievich Dmitriev, vicedirettore generale del Gosfilmofond, aveva iniziato a lavorare nell’archivio russo nel 1962, all’età di 21 anni. Si deve a lui l’istituzione nel 1997 del festival archivistico di Belye Stolby, di cui è poi rimasto direttore artistico. Studioso e archivista, il suo maggior merito è stato quello di aver mantenuto entusiasmo e integrità per mezzo secolo, nelle travagliate vicende della storia del suo paese.
Solo due mesi dopo la scomparsa di Vladmir Yurievich è arrivata la notizia della morte, a 65 anni, di Valerii Bosenko, l’ambasciatore più amato del Gosfilmofond. Nato a Astrakhan, è entrato a far parte dell’archivio di Mosca proprio 40 anni fa. Dal 1999 ha diretto il dipartimento di bio-filmografico e tenuto i rapporti con l’estero. Tra i suoi numerosi lavori portati a termine con successo c’è stata la sistemazione della massa caotica di pellicola girata da Eisenstein per Que viva Mexico! Ha fatto il possibile per rendere le enormi collezioni del Gosfilmofond universalmente accessibili ed era anche un grande europeo, dalla cultura vasta e con una passione speciale per il cinema italiano: l'anno scorso ha pubblicato le bio-filmografie di 100 registi italiani. Scrive di lui Natalia Nusinova: “Valerii era un uomo meraviglioso, molto dolce, molto colto, buono, poetico e semplice come un bambino, ma pieno di conoscenza e di amore per il suo lavoro. È stato ammalato per un lungo periodo, ma era coraggioso e sempre pieno di speranza.”
Donald Richie, che nel 2005 aveva tenuto alle Giornate una bellissima Jonathan Dennis Lecture, è stato il primo e tuttora il più acuto storico del cinema giapponese, un’autorità sulla cultura giapponese in generale, e un eminente autore di saggi, racconti e scritti autobiografici.
Dejan Kosanovi?, massimo storico e divulgatore del cinema jugoslavo e serbo, è stato un amico delle Giornate fin dalla loro nascita. La modestia, il calore umano e l’inesauribile entusiasmo che lo contraddistinguevano, permettevano di superare il timore reverenziale ispirato all’inizio dalla sua vastissima erudizione e dalla lunga carriera di cineasta, scrittore e insegnante.
Mario Catto, che per oltre vent’anni è stato un appassionato sostenitore e in alcune occasioni un collaboratore delle Giornate, va ricordato oggi con particolare calore in quanto proprio lui ha costituito il primo anello nella catena di eventi che ha portato alla scoperta di Too Much Johnson. Dieci anni fa, un amico di famiglia lo aveva informato di essere in possesso di alcune vecchie pellicole, potenzialmente pericolose, abbandonate anni prima nel magazzino della sua ditta di spedizioni. Mario lo pregò di non gettare il materiale e di affidarlo invece a Cinemazero: iniziò così la saga di Too Much Johnson. La scoperta è stata annunciata al pubblico il 7 agosto 2013, giorno in cui Mario avrebbe compiuto 43 anni.
Per concludere, un’osservazione su questo catalogo. Non possiamo esprimere adeguatamente la nostra gratitudine per gli autori che vi hanno contribuito e che sono tutti delle autorità nei rispettivi campi. Grazie a loro le Giornate possono offrire con orgoglio questo contributo annuale alla storia del cinema. – David Robinson, Livio Jacob

 


Introduction (from the 2013 catalogue)
We are not alone!
Cultural institutions throughout a large part of the world are, like us, victims of national economic constraints. In our case, there was even a moment at the start of the year when the very future of the Giornate del Cinema Muto was in question. With tough organizational economies – which will be all too evident to our guests, who are generously sharing them – we managed, once again, to make the festival happen. Resilience is our imperative.
Better than survival – the 2013 programme is perhaps one of our most adventurous. We have often claimed this in previous years, but certainly no programme before has offered so much in terms of DISCOVERY. Guests may even find it initially disconcerting to find so many names and titles that are quite new to them – but the new names will not be forgotten again, and will surely leave their lasting mark on the received film history.
Most remarkable is the revelation of Ukraine’s age of experiment. A brief period of comparative political and economic autonomy fostered the flowering of a generation of energetic avant-garde artists. A few of the films that resulted we already know – Dovzhenko’s Zvenyhora, Arsenal, and Earth; Dziga Vertov’s Man with a Movie Camera and The Eleventh (films he could not have made in Moscow); Mikhail Kaufman’s Spring – but these have generally been broadly classified by traditional historians as “Soviet” and identified only by their Russian release titles.  Other outstanding directors simply disappeared from view as their films were suppressed with the erosion of Ukraine’s brief autonomy. This year Pordenone will experience films by Mykola Shpykovskyi, Heorhii Tasin, and Heorhii Stabovyi, and another refugee from Moscow, Viktor Turin, rediscovered after 80 years’ concealment.
The films of Sweden’s later 1920s were not suppressed, so much as overshadowed by the great golden age which seemed to have ended when Sjöström, Stiller, Garbo, and Hanson were lost to Hollywood. In fact, as we can now discover, the Swedish cinema continued confidently, moving from rural dramas based on national literary classics, and shot in natural settings. In the quest to maintain an international market Swedish cinema sought more urban, sophisticated, and, above all, cosmopolitan themes, using international stars (Lil Dagover, Elissa Landi, Louis Lerch) and directors (Anthony Asquith, whose co-produced A Cottage on Dartmoor can be seen in the programme in its Swedish version, Fången n:r 53 [Convict no. 53]).
Four films are by Gustaf Molander, whose extraordinary career stretched from 1916, when he worked as a writer with Sjöström and Stiller, to 1967. These last silent films range from Sealed Lips, which gives the programme its title, and the romantic drama His English Wife, to the rip-roaring Pat and Patachon comedy Constable Paulus’ Easter Crackers. Some of these films have long been inaccessible, but thanks to the Swedish Film Institute’s determined programme of restoration, they can now be seen again, lips unsealed – quite literally in the comedy Konstgjorda Svensson, which introduces lively sound sequences.
Following last year’s discovery of Anna Sten, Pordenone’s star of 2013 is by no means unknown to Giornate audiences: in The Manxman and Blackmail Anny Ondra was the prototype of Hitchcock’s preferred beautiful blonde heroines. But now she can be seen in a different light, as Anny Ondráková, Czechoslovakia’s “Buster Keaton in skirts” – a misnomer, for she was undoubtedly her own woman, a comedienne of enormous charm and versatility. She is generally better remembered as the wife, for 54 years, of the great boxer Max Schmeling: in one of no less than three screen versions of their romance, the enchanting Anny was played by Britt Ekland.
Rolf Aurich and Wolfgang Jacobsen’s introduction to the Deutsche Kinemathek’s presentation of works by Gerhard Lamprecht justly speaks of his “keen eye and gentle heart”. His depiction of the poor quarters of Berlin, and especially their children, compares with the drawings of Heinrich Zille and, earlier, of Käthe Kollwitz. Like them he “was not only an observer interested in humanity, he was an observer endowed with humanity”. Perhaps Lamprecht’s outstanding work as a historian and pioneer collector of cinema has overshadowed his work as a director (his most famous film was the first Emil and the Detectives). The programme coincidentally marks the 50th anniversary of the Deutsche Kinemathek, which grew from the collection of films that Lamprecht had begun at the age of 10, in 1907.
This year our continuing series of historical revaluation, “The Canon Revisited”, offers Pudovkin’s 1926 Mother, shown alongside an earlier adaptation of Gorky’s novel by Aleksandr Razumnyi made in 1919 – the earliest Soviet production the Giornate has yet shown. The inclusion of Viktor Turin’s classic documentary Turksib is complementary to last year’s screening of Provokator and this year’s of his Ukrainian film The Struggle of Giants – together representing this elusive director’s complete output of full-length silent films. The intertitle-free Scherben, directed by the Romanian Lupu Pick, is regarded as the first kammerspiel film: Anton Kaes contributes a masterly note to this catalogue on its special significance to German film history. William Wellman’s Beggars of Life, with the magnificent Louise Brooks, will be shown as a dedicated serata, with ensemble musical accompaniment.
This year’s contribution to animation history offers – alongside daily tributes to Otto Messmer’s Felix the Cat and the Fleischers’ clown star Ko-Ko – the first-ever retrospective (even in Russia) of Soviet animation of the 1920s. In this catalogue two great experts, Sergei Kapterev and Peter Bagrov, guide us through the complex maze of ferocious propaganda, commerce, children’s book illustration, iconoclastic art, artisanal experiment, and plain everyday fun.
Every year brings new rediscoveries from Italian film history: this year they include Eleuterio Rodolfi’s I promessi sposi, Enrico Guazzoni’s Il gallo nel pollaio, Guido Piacenza’s remarkable 1912 documentary Viaggio in Congo, and – screening on the exact day of the second centenary of the birth of the composer – Giuseppe De Liguoro’s Giuseppe Verdi nella vita e nella gloria, made to celebrate the first centenary in 1913. Our miscellanea of “Restorations and Rediscoveries” offers its own treasures – Ivan Mozhukhin in a rather free adaptation of Stendhal’s Le Rouge et le Noir, Der Geheime Kurier; Conrad Veidt and Liane Haid as Cesare and Lucrezia Borgia; a joyous Soviet Trip to the Moon in Cosmic Journey, which had as scientific consultant the legendary prime founder of Russian space science, Konstantin Tsiolkovsky (1857-1935); another compilation by Elif Rongen-Kaynakçi from EYE’s Desmet Collection, “Suffering Men”, offering  a collection of catastrophes, tragic or hilarious.
The early cinema section brings to an end the 7-year presentation of the Australian archive’s bountiful and eclectic collection of the pioneer New Zealand travelling exhibitors the Corrick family. Pordenone audiences will see assembled for the first time the entire surviving repertory of films made by and for the Joly-Normandin apparatus – a repertory which remained unseen for well over a century on account of the eccentric film perforation and movement employed by the system. Now finally it can be projected – a long-lost vision of the world in 1896-7.
As a prelude to a season of Mexican fiction features we are presenting Dr. Aurelio de los Reyes’ 3-part, 6-hour chronicle of Mexican history from the close of the 19th century to the end of the Revolution, compiled from film and newspaper reports of the period.
The discovery – in Pordenone, of all the most appropriate places – of the work print of Orson Welles’ prologues for the three acts of William Gillette’s stage comedy Too Much Johnson has already been publicized world-wide. Other more modest finds this year include Buster Keaton’s abandoned first version of The Blacksmith (a joint rediscovery by Fernando Peña and Lobster Films) and the original Ukrainian trailer for Vertov’s The Eleventh (EYE Filmmuseum). The National Film Preservation Foundation presents a programme of films from its latest DVD collection, of American film treasures repatriated from the New Zealand Film Archive.
An extraordinary event is the personal appearance of Ichiro Kataoka, Japan’s star benshi. This is the third time that Pordenone audiences have experienced the unique experience of the traditional Japanese “film explainer” of the silent era. In 1990 and 2001 we were honoured with performances by Kataoka’s first teacher, the famous master Sawato Midori, who in her turn had studied with Shunsui Matsuda (1925-1987), direct successor of the original benshi of the silent era. To demonstrate the range of the benshi’s art, Kataoka-san will commentate two extracts from Japanese  historical films, Jiro Kawate’s story of a lesbian romance, Fukujuso (The Scent of Pheasant’s Eye, 1935), and Buster Keaton’s The Blacksmith.
Our first resolution, when faced with the realities of this year’s budget cuts, was that, while maintaining the quality of the film programme, the essential sacrifice was our traditional special musical events: we must, we said, rely on our resident pianists, forgoing outside musicians.  For the opening serata we have been privileged to secure the premiere of the Italian version of the new Spanish 21st century “silent” Blancanieves, with its own superb recorded musical track. The screening will be in the presence of the film’s director Pablo Berger, enhancing the prestige of an event that has been made possible with the generous support of Fondazione CRUP.
We have maintained our resolution, but subsequently friends and supporters of the festival have stepped in to sponsor or “donate” music, to make it possible to maintain our tradition of special musical serate. Thanks to the generosity of Banca Popolare FriulAdria we are able to offer a final orchestral serata, with Carl Davis conducting his own score for Harold Lloyd’s The Freshman. The Mexican compilations will be accompanied by the pianist José María Serralde Ruiz. The Neuv??itelno Trio’s accompaniment to the spectacular Anny Ondra vehicle Arrival from the Darkness has been in part supported by a donation from W.C. Fields Productions, Inc., “in memory of the comic master W.C. Fields – our grandfather”.
Alongside its ambitious programme of retrieving and restoring the films of Ukraine’s golden age, the Oleksandr Dovzhenko National Film Centre of Kyiv have boldly experimented in inviting contemporary musicians to interpret the films, without reliance on period traditions of accompaniment; and again they are generously financing several performances of these for the Pordenone audience. Mykola Shpykovskyi’s long-banned Khlib (Bread) will be accompanied by the Belorusian trio Port Mone, described as “a mix of classical music, noise, and experimental folk”. Arsenal will be accompanied by the cult jazz pianist and multi-instrumentalist improviser Yurii Kuznetsov – recipient in 1999 of an award from Paul McCartney for the best performance of “Yesterday”. Arsenyi Trofim, who in 2010 scored Nichnyi Viznyk (The Night Coachman) for orchestra, will accompany the film on piano in Pordenone, and the Polish composer-pianist Marcin Pukaluk will perform his score for Shkurnyk (The Self-Seeker). Yuri Mykhalchuck’s orchestral score for Dva Dni (Two Days) and that for Dovzhenko’s Zemlya (Earth) created by DakhaBrakha, an iconic Ukrainian world music quartet, will be performed as synchronized recordings.
Our own resident musicians will work daily with two gifted guest pianists in the Pordenone Masterclasses, recommended as one of the best shows in town and offering a remarkable insight into film interpretation. The Collegium will bring to Pordenone 12 new young scholars and enthusiasts of silent film; and one of last year’s collegians will be selected for the annual Award presented by the Banca Popolare FriulAdria, for the year’s best Collegium Paper. There is a lot happening.

It is, we have to admit, our most demanding programme to date. There is perhaps no show that you can miss without real loss. You cannot afford to get up late, and the strength of every film has necessitated a slight but significant change in the daily programme structure. In the past we have concentrated on a single major serata show, followed by a “late-night show”, usually discreetly composed of shorter and less-demanding films. The predominance of important discoveries in this year’s programmes has obliged us to split each evening into two major shows, often commencing with the shorter presentation. We apologize to those who, as we have discovered, sometimes regarded the old late-night shows as excuses for early-to-bed. Not any more. This year’s programme represents challenging – but, be assured, rewarding – work.
As usual, we, the Giornate team, are unashamed to boast about the programme we are privileged to present, precisely because the credit is not ours. The festival is the gift of our friends and indispensible supporters, those international archives whose past decades of conservation work and present generosity with research, time, and the films themselves alone makes the Giornate possible.

It is a great sorrow to record the loss this year of five cherished friends of the Giornate. Vladimir Yurievich Dmitriev, deputy director-general of Gosfilmofond, had worked at the Russian archive since 1962, when he was 21. He was responsible for the creation of the archival festival of Belye Stolby in 1997, and remained its artistic director. Scholar and archivist, his great achievement was to have maintained his enthusiasm and integrity through half a century of troubled national history.
Only two months after the passing of Vladmir Yurievich came news of the death, at 65, of Valerii Bosenko, Gosfilmofond’s best-loved ambassador. Born in Astrakhan, he was a graduate of VGIK and a story editor at Lenfilm before he joined the Moscow archive exactly 40 years ago. Since 1999 he was head of the department of bio-filmography and foreign relations. Among his many achievements had been the historic task of bringing order to the chaotic mass of film that was Eisenstein’s Que viva Mexico! Dedicated to making the vast collections of Gosfilmofond universally accessible, he was at the same time a great European, of wide-ranging culture – with a special passion for Italian cinema: last year he published his bio-filmography 100 Italian Directors. Natalia Nusinova writes of him, “Valerii was a wonderful man, very sweet, very cultured, good, poetic and simple as a child, but filled with knowledge and love for his work. He had been very ill for a long time, but he was courageous, always full of hope.”
Dejan Kosanovi?, the most respected historian and saviour of the Yugoslav and Serbian Cinema, was a friend of the Giornate almost from its beginning. His modesty, warmth, and inexhaustible enthusiasm always overcame one’s initial awe for his great scholarship and long career as a film-maker, writer, and teacher.
Donald Richie, our Jonathan Dennis Lecturer in 2005, was the first and still the most sensitive historian of Japanese cinema, an authority on Japanese culture in general, and an outstanding essayist, short-story writer, and autobiographer in his own right.
Mario Catto, for more than 20 years an enthusiastic supporter and sometimes collaborator of the Giornate, is particularly remembered at this time as the first link in the chain of discovery of Too Much Johnson. A decade ago, a family friend told him he had to get rid of some potentially dangerous old film that had been abandoned years before in his shipping warehouse. Mario urged him not to junk the material, but to entrust it to Cinemazero in Pordenone. So began the saga of Too Much Johnson. The discovery was announced publicly on 7 August 2013, which would have been Mario’s 43rd birthday.
Finally, a note on this catalogue. We cannot adequately express our gratitude to our voluntary outside contributors, all of them authorities in their fields. Thanks to them the Giornate can be proud to offer this annual contribution to the recorded history of cinema. - David Robinson, Livio Jacob