Carlo Gaberscek su RUMORE BIANCO (Alberto Fasulo, IT/CH 2008)

Rumore bianco: un film “d'osservazione”, come lo ha definito il suo autore, il regista Alberto Fasulo, originario di San Vito al Tagliamento, uno dei 40 comuni il cui territorio si estende lungo le rive del fiume Tagliamento che hanno aderito al progetto che ha portato, dopo più di due anni di lavoro, alla realizzazione di questo documentario.
Un progetto che si è sviluppato come una ricerca e riscoperta dell'universo naturale ed umano collegato al fiume. Un itinerario / percorso / racconto / esplorazione attraverso i 172 chilometri dalle sorgenti del fiume presso il Passo della Mauria alle sue foci tra Lignano e Bibione.
Poco parlato (i dialoghi sono in friulano, e in parte in tedesco, con sottotitoli in italiano), è un documentario che piuttosto mostra “momenti” del paesaggio, delle stagioni, del clima, del lavoro, della quotidianità, della memoria, delle tradizioni, dei cambiamenti.
Con uno stile personale e innovativo, Alberto Fasulo, attraverso un ottimo montaggio, ha saputo creare un ritmo originale, un andamento ora lento e quieto ora violento e impetuoso, fatto di momenti di attesa e di sospensione e di improvvise accelerazioni, che non può non ricordare le atmosfere, il senso di incombenza, di calma quasi opprimente, le emozioni, le sensazioni create dal film Prima della pioggia (1994) del macedone Milcho Manchevski e da La sottile linea rossa (1998) di Terrence Malick. Un ritmo, talora spiazzante per lo spettatore, in grado di variare improvvisamente, in modo brusco e imprevedibile, appunto come il fiume che a tratti è quieto e silenzioso e a tratti minaccioso e fragoroso, con esplosioni che invadono lo schermo. Un ritmo che, unitamente a un uso della fotografia che spesso riesce a dare una trasfigurazione poetica e fantastica del dato contingente, diventa addirittura ipnotico. Molte riprese del fiume si avvalgono infatti di un tipo di fotografia che privilegia campi ravvicinati, panoramiche originali (come la prima che ci rivela il fiume e, più avanti, quella verticale che va insieme con il movimento delle acque delle sorgenti), primi piani capaci di creare composizioni di un calligrafismo orientaleggiante, un prezioso gioco di dettagli, di luci, colori, riflessi, pulviscolo, sfumature, astrazioni geometriche.
Ma la più interessante singolarità di questa operazione produttiva e artistica è l'uso degli effetti sonori: rumori “in presa diretta”, rumori legati alla realtà fenomenica magistralmente montati da Riccardo Spagnol (anche autore delle musiche). Un valido esempio di documentario come “arte dell'ascolto”.
Spesso è il rumore, o il silenzio, a dominare la scena e ad esprimere, senza bisogno di parole ne' di musica, la drammaticità di una scena. Suono che attiene al cinema (che è movimento) quanto l'immagine, come hanno insegnato cineasti quali Robert Bresson e Franco Piavoli. Suono che è capace di evocare un'immagine, di farci vedere anche ciò che sullo schermo non c'é. Lo dichiara il titolo costruito con la figura retorica della sinestesia: Rumore bianco. Un esplicito esempio di cinema transensoriale, che, esaltando il valore espressivo e informativo di cui il suono arricchisce l'immagine, promuove il suono stesso ad elemento costitutivo della creazione filmica.
Un documentario “di creazione” che in 90 minuti riesce a connettere, intrecciare, fondere in maniera fluida e coinvolgente vari blocchi narrativi relativi a paesaggi, “storie” del presente e drammatici fatti del passato presentati in forma di flashback utilizzando materiale di repertorio (la ritirata di Caporetto, i bombardamenti aerei durante l'ultima fase della seconda guerra mondiale, l'alluvione di Latisana del 4 novembre 1966).
Tra la decina di “storie” raccontate, oltre a tutte le scene (che fanno un po' da filo conduttore) della coppia di giovani scienziati svizzeri che studiano l'habitat del fiume, si distinguono soprattutto la prima, quella della anziana contadina che ha una casa sulle pendici delle montagne dell'Alta Carnia e affronta da sola, ostinatamente, i tradizionali lavori; la sequenza della Centrale di Somplago (Lago di Cavazzo); quella dei militari e dei due bonificatori di bombe (le riprese dagli elicotteri militari e quelle in campo lunghissimo delle zone paludose lungo il fiume possono ricordare momenti di Apocalypse Now di Francis Ford Coppola); quella delle acrobazie acquatiche presso le foci del fiume che ha come protagonisti i ragazzi di Cesarolo (un omaggio a Pier Paolo Pasolini). Storie in cui Fasulo cerca di evitare il ricorso a toni retorici, nostalgici, didascalici, naturalistici, sociologici, polemici (nessun accenno alle casse di espansione) o folcloristici.
A proposito di folclore, se l'episodio relativo ai riti epifanici può apparire il meno originale, dato che il tema è già stato più volte rappresentato in altre occasioni cinematografiche, anche in questo caso il regista è capace di aggiungervi quell'elemento che, in maniera talora esplicita e talaltra latente, permea l'intera opera, cioè l'incombere della violenza, materializzata in questo caso dalla rabbiosa raffica di spari contro il palo centrale del falò epifanico. Come è violenza quella del rombo dei motorini che, alla fine dei giochi sull'acqua dei ragazzi di Cesarolo, disturba l'atmosfera di un ambiente fluviale apparentemente idilliaca e lussureggiante che può ricordare quello delle rive del Mississippi delle avventure di Tom Sawyer e Huckleberry Finn.
Un documentario “d'osservazione” e di riflessione, che, grazie alla presenza di un punto di vista creativo e personale, all'originalità dell'approccio stilistico, alla struttura narrativa compiuta, alla sua capacità visionaria, al suo potere di meravigliare, riesce a comunicare, emozionare, informare, intrattenere in maniera intensa e coinvolgente. Un lavoro che, attorno all'articolato diramarsi, al carattere mutevole, all'imprevedibile fluire delle acque del Tagliamento, esplora e scopre tracce, segni, testimonianze del flusso inesorabile della vita e della morte, che possono essere una foglia secca trascinata dalla corrente, ammassi di carcasse di tronchi e rami sulle ampie e “desertiche” distese dell'alveo ghiaioso o lo scheletro di un capriolo tra il fango e la sabbia delle sue sponde.
Rumore bianco: un decisivo “passo avanti” nella storia del cinema friulano. Con questo lavoro sul Tagliamento, di cui ha fatto conoscere in maniera così sorprendente il corpo fisico ma anche la sua “personalità”, Alberto Fasulo lo ha fatto assurgere a ruolo di grande attore. Una valorizzazione cinematografica del grande fiume friulano, che, come è auspicabile, in un prossimo futuro potrà attirare l'attenzione di altri produttori. (Originariamente pubblicato in: Zone di Cinema, gennaio 2009)

RUMORE BIANCO di Alberto Fasulo. FaberFilm, Wildside Media, RTSI Televisione Svizzera, Italia-Svizzera, 2008, 90 min. (Presentato al Sociale il 19.01.09)


 

 
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