Carlo Gaberscek su APPALOOSA (Ed Harris, US 2008)

Molti appassionati di cinema western ricordano un film del 1966 interpretato da Marlon Brando il cui titolo italiano è A sud-ovest di Sonora, ma noto anche con il suo titolo originale The Appaloosa, che si riferisce a un bel cavallo dal mantello pezzato che un prepotente ranchero messicano (John Saxon) sottrae con la forza al protagonista (Marlon Brando). Non solo la presenza divistica di Brando, ma anche una palese imitazione di modi e formule dello “spaghetti western”, la cui influenza cominciava a farsi sentire anche nel western americano, hanno sempre mantenuto vivo un certo interesse nei confronti di questo film, che da qualche tempo è disponibile anche in DVD.

Appaloosa: la “western town” di Cerro Pelon Ranch (Santa Fe, New Mexico).

Appaloosa: l'hotel-saloon di Cerro Pelon Ranch.

Quando, tre anni fa, si è cominciato a parlare di un nuovo progetto Appaloosa, la cosa ha suscitato curiosità. Ma non si è trattato di un rifacimento, come nel caso di Quel treno per Yuma (3:10 to Yuma, 2007) con Russell Crowe. Il nuovo film non ha nulla ha che vedere con The Appaloosa del 1966 né con cavalli di razza Appaloosa. Nel nuovo film Appaloosa diventa il nome di una (immaginaria) cittadina del New Mexico nel 1882. Una cittadina il cui futuro sembrava promettente grazie alla presenza di miniere di rame nella zona, ma il cui sviluppo è ora compromesso a causa di Randall Bragg (l'attore inglese Jeremy Irons), che, a capo di un numeroso gruppo di cowboy, spadroneggia nel territorio, cercando di impossessarsi di miniere e terreni di valore, scoraggiando con le sue violenze iniziative da parte di altri proprietari e investitori. Bragg è giunto da poco da New York, dove sembra essersi fatto una importante posizione lavorando con Chester A. Arthur, il politico repubblicano che era stato nominato controllore delle dogane del porto di New York e che nel 1881 era diventato presidente degli Stati Uniti. E, appunto, per intimidire gli abitanti di Appaloosa, Bragg si fa vanto delle sue aderenze politiche. La sequenza di apertura di Appaloosa (prima dei titoli) ci mostra Bragg che uccide a freddo lo sceriffo della cittadina e due suoi aiutanti che erano venuti nel ranch ad arrestare due cowboy accusati dell'omicidio di un ingegnere e della sua giovane moglie (l'ingegnere era venuto da Boston per occuparsi della riapertura delle miniere di rame). La sparizione dei tre uomini (i loro corpi non vengono più ritrovati) induce i cittadini più influenti di Appaloosa, ovvero i proprietari dell'hotel-saloon e dell'emporio, a ingaggiare Virgil Cole (Ed Harris), un noto “peacemaker”, pistolero professionista al servizio della legge, al cui fianco da dodici anni è il fido Everett Hitch (Viggo Mortensen). Virgil Cole, sin dal primo giorno del suo arrivo in città, dopo aver chiaramente spiegato a chi lo ha chiamato che egli intende assumere i pieni poteri, che lui è la legge, fa subito capire a Bragg in persona e ai suoi sgherri che le regole del gioco stanno cambiando. Poco dopo, dal treno che fa sosta alla stazione di Appaloosa scende Allison French (l'attrice texana Renée Zellweger), una vedova non più giovane, ma i cui modi ostentatamente aggraziati, raffinati, il cui portamento elegante di donna di città affascinano immediatamente Virgil, mentre lasciano scettico e perplesso Everett. Il film si sviluppa quindi su due filoni: il triangolo che viene a crearsi con l'intrusione della figura femminile nella coppia Virgil-Everett e il conflitto con Bragg e la sua banda. Schemi, strutture, situazioni che, apparentemente, non rivelano niente di nuovo nella centenaria storia del genere western. Eppure, su elementi così tradizionali, Ed Harris, che è il vero e proprio autore del film, in qualità di regista, protagonista, coproduttore e cosceneggiatore, è riuscito a costruire uno dei migliori western degli ultimi anni. Il genere western, come è ben noto, è in crisi da più di trent'anni. Di tanto in tanto qualche film è riuscito a riconquistare il favore del pubblico e l'attenzione e il riconoscimento della critica, ma si è trattato di episodi rari, sporadici, isolati: Il cavaliere pallido (Pale Rider, 1985) di Clint Eastwood, Silverado (1985), Young Guns (1988). All'inizio degli anni '90 il grandissimo successo e i sette Oscar di Balla coi lupi (Dances with Wolves, 1990) di Kevin Costner hanno fatto pensare a una rinascita del western, nel senso di una ripresa consistente e continuativa. Poco dopo infatti escono Gli spietati (Unforgiven, 1992) di Clint Eastwood, L'ultimo dei Mohicani (1992) di Michael Mann, Geronimo (1993) di Walter Hill, Maverick (1994), Tombstone (1994). Ma il grosso flop di Wyatt Earp (1994), con cui Lawrence Kasdan e Kevin Costner tentano di bissare il successo di Balla coi lupi, provoca una forte battuta d'arresto. A questo punto la situazione della produzione di western si presentava nei seguenti termini: o il film doveva avere un immediato successo oppure era preferibile non rischiare. Sui produttore e i distributori aleggiava sempre lo spettro del colossale insuccesso di I cancelli del cielo (Heaven's Gate, 1980) di Michael Cimino. Così, dopo Wyatt Earp, nella seconda metà degli anni '90 ben pochi western appaiono nelle sale. Ma questo genere continua sempre ad essere presente sul piccolo schermo: non solo con la riproposta di una quantità di film e serie televisive dei decenni precedenti, ma pure con nuove produzioni (film e miniserie) in continuo aumento. Di fatto, è la televisione che assicura spazio, pubblico, continuità alla vita di questo genere cinematografico, anche se nel “mare magnum” del medium televisivo la presenza del western risulta meno appariscente e vistosa, più dimessa e quasi in sordina. Oltre che nell'ambito televisivo, il western trova un certo spazio anche nel mercato delle videocassette prima e dei DVD poi, un mercato che ora in un certo senso svolge quella funzione che un tempo avevano avuto le sale di seconda e terza visione, ovvero assicurare un'ulteriore circolazione e vita ai film. Ed è proprio in un western televisivo distribuito dalla TNT nel gennaio del 1996, Riders of the Purple Sage, che in Italia è stato trasmesso da una emittente privata con il titolo di Il cavaliere della vendetta, che Ed Harris ha dato un'ottima prova nel ruolo di Lassiter, il pistolero vestito di nero, laconico, enigmatico, che giunge in un piccola comunità a raddrizzare i torti e a punire i malavagi, una figura che Harris ha certamente tenuto presente nell'interpretare Virgil Cole in Appaloosa. Diretto da Charles Haid e girato nell'area di Moab (Utah), Riders of the Purple Sage è la quinta (e la migliore) versione cinematografica (dopo quelle del 1918, 1925, 1931, 1941) di un famoso romanzo di Zane Grey scritto nel 1912. Nel ruolo della protagonista, Jane Withersteeen, è Amy Madigan, moglie di Ed Harris. La coppia, molto bene affiatata anche sul piano professionale, ha ottenuto il controllo sulla produzione del film tanto da raggiungere un risultato eccellente, ottenendo importanti riconoscimenti. Ecco dunque, più di dieci anni dopo, Ed Harris, di nuovo alla prova con questo genere cinematografico, e questa volta, assunto il completo controllo del progetto, i “pieni poteri”, come Virgil Cole nei confronti della città di Appaloosa, riesce a dar vita a un western che può essere definito come il migliore di questo decennio, che pure ha avuto alcuni film di livello buono o più che buono, come The Missing (2004) con Cate Blachett, The Proposition (2005) (ma è ambientato in Australia), I segreti di Brokeback Mountain (2005) di Ang Lee (che però viene rifiutato come western da molti “puristi”), The New World (2005) di Terrence Malick (che è un “colonial” western), L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford (2007) con Brad Pitt, Quel treno per Yuma (2007) di James Mangold.

Appaloosa: Renée Zellweger e Ed Harris.

Quali dunque gli ingredienti, gli strumenti, i “segreti” di Ed Harris per costruire un western in grado di raggiungere livelli di eccellenza in tempi così difficili per questo genere di cinema? Innanzitutto una buona sceneggiatura, sulla base dell'omonimo romanzo di Robert B. Parker pubblicato nel 2005. Una sceneggiatura molto curata, calibrata, con una giusta dose di humor, ironia, dialoghi secchi, taglienti, con sapienti momenti di pause, sospensioni. Fondamentale è l'apporto di ottime professionalità. Ed Harris (che ha già al suo attivo quattro nomination all'Oscar, tra cui quella per Pollock, di cui è anche regista) ha trovato un perfetto affiatamento con Viggo Mortensen, arricchendo con la coppia Virgil-Everett la già nutrita galleria di coppie maschili del western. In particolare, la performance di Mortensen (che aveva già avuto esperienza nel western con Hidalgo - Oceano di fuoco, 2004) sembra aver particolarmente giovato alla sua affermazione in senso divistico; tra l'altro Mortensen ha ottenuto da poco una nomination come migliore attore nel thriller La promessa dell'assassino (Eastern Promises, 2007) di David Cronenberg. Assolutamente singolare nella serie delle “eroine” del western risulta il personaggio di Allison French, una figura spiazzante, imprevedibile, a cui Renée Zellweger (vincitrice del premio Oscar come miglior attrice non protagonista, nel ruolo della ruvida ed energica Ruby, in Ritorno a Cold Mountain, 2003, di Anthony Minghella) sa dare un tal grado di veridicità da far risultare stereotipate, astratte e cinematograficamente artefatte tante altre, comprese quelle dei cosiddetti western “al femminile”, come Bad Girls (1994), Buffalo Girls (1995), Bandidas (2006) in voga in anni recenti. Tra l'altro, Renée Zellweger con la sua interpretazione in questo film sembra aver dato una lezione a Nicole Kidman che in Australia (non un western, ma certamente contenente parecchi elementi del western), uscito contemporaneamente ad Appaloosa, ha una recitazione fatta di smorfie, pose e atteggiamenti caricaturali. Anche Allison French, a cui piace essere chiamata Allie, fa ampio uso di moine, affettazioni, smancerie, ma si tratta di atteggiamenti ben funzionali al racconto. Giunta ad Appaloosa con un solo dollaro nella borsetta (ma con un elegante e fornito guardaroba), non sa fare altro che “suonare il piano” (come lei stessa dichiara nel suo primo incontro con i protagonisti al ristorante), la donna è in possesso solo dei suoi modi raffinati ed urbani per attirare, in quel mondo ancora rude e primitivo, un uomo che le possa offrire protezione e sistemazione, e lei punta al più forte. Un po'“sacrificata” in Appaloosa risulta la figura interpretata da Jeremy Irons (l'attore preferito da Cronenberg), anch'egli vincitore dell'Oscar come migliore attore protagonista di Il mistero Von Bulow (1990). Relativamente al personaggio di Randall Bragg è stata tagliata una sequenza (recuperata tra gli “extra” del DVD, già disponibile nel mercato americano): è il discorso che egli, dopo essere stato graziato dal presidente, fa ai cittadini di Appaloosa sulla sua volontà di contribuire alla prosperità della cittadina. Notevoli anche alcune figure secondarie, come quella di Lance Henriksen (attore che ha già interpretato alcuni western, tra cui Pronti a morire e Dead Man, 1995) nel ruolo di Ring Shelton, il pistolero ingaggiato da Bragg, e di Bob Harris, padre di Ed Harris, che interpreta la parte del vecchio giudice Callison nella sequenza del processo a Bragg. Accuratissima è la scenografia di Waldemar Kalinowski con grande cura dei dettagli e buon gusto estetico (senza cadere nel freddo estetismo): dal mobilio alla carta da parati di fabbricazione inglese, dalle vetrate delle finestre alle armi da fuoco. Notevole il lavoro del costumista David Robinson, che ha creato abiti personalizzati: redingote grigia, gilet e pantaloni neri per Ed Harris; raffinati abiti di seta color bronzo, blu navy, rosso cupo e capi di satin per la Zellweger; quanto a Viggo Mortensen la rivista “Cowboys & Indians” gli ha dedicato un'intervista con una splendida foto a colori a piena pagina che mette in risalto il suo particolare tipo di abbigliamento. Direttore della fotografia è l'australiano Dean Semler, vincitore del premio Oscar per Balla coi lupi, ed esperto del paesaggio del New Mexico in cui Appaloosa è stato girato nei mesi di ottobre e novembre del 2007, per avervi lavorato in altri sei film precedenti, tra cui Young Guns (1988) e Young Guns II (1990). Ma, soprattutto, Appaloosa è un western che, pur con attenzione al presente, vuole deliberatamente mantenersi nel solco della tradizione, con richiami piuttosto evidenti, ma sempre trattati con intelligente misura e garbata ironia, a grandi classici di questo genere cinematografico. Basti pensare alla scena dell'arrivo di Renée Zellweger alla stazione di Appaloosa che è un aggiornato e divertente rifacimento dell'arrivo di Cathy Downs a Tombstone di Sfida infernale (My Darling Clementine, 1946) di John Ford, versione western dell'apparizione della “donna angelo” della lirica medioevale, ma questa scena sembra rifarsi pure a precedenti ancora più antichi, a ritmi e cadenze da cinema muto, “alla Griffith” [foto].



Appaloosa: l'arrivo di Renée Zellweger.

La situazione di lungo e stretto legame personale e professionale di Virgil ed Everett è analoga, ma meno tesa e conflittuale, a quella di Henry Fonda e Anthony Quinn di Ultima notte a Warlock (Warlock, 1959). La (breve) detenzione in prigione di Randall Bragg ci riporta a Un dollaro d'onore (Rio Bravo, 1958) di Howard Hawks.
La sequenza in cui Lance Henriksen riesce a liberare Bragg (Jeremy Irons), prigioniero sul treno, servendosi come ostaggio di Renée Zellweger legata con una corda al collo ha riscontro in Hombre (1967) di Martin Ritt. E, ancora, più in generale la scena dell'arrivo dei due protagonisti (ripresi in campo lunghissimo con la caratteristica sagoma curvilinea di Cerro Pelon sullo sfondo [foto]) ad Appaloosa e quella finale in cui Viggo Mortensen se ne va dalla città [foto] galoppando lentamente verso il sole che tramonta fanno parte della più classica tradizione western.


Appaloosa: l'arrivo dei due protagonisti.



Appaloosa: scena finale con Viggo Mortensen che se ne va dalla città.

Proprio questa decisa volontà di “classicismo” e di dissociazione da ipoteche “spaghetti western” distingue l'opera di Ed Harris da altre produzioni recenti. Ad esempio le scene di sparatorie sono rapide e secche, molto distanti da quelle esasperazioni enfatiche, rituali, coreografiche che erano diventate una delle caratterizzazioni dominanti del western all'italiana, con grande influsso sui successivi western americani. Il ritmo di Appaloosa solo in apparenza è lento: in realtà ogni scena si rivela funzionale. Un film, dunque, costruito con grande intelligenza, buon gusto, con un raro senso dell'equilibrio e della misura, con humor e ironia usati nella giusta misura, che ha anche il merito di aver riportato nel western quella “grazia” che sembrava sparita con la fine degli anni '50, ovvero quei sentimenti, quei momenti leggeri, quelle pause che poi i cambiamenti di stile degli anni '60 e '70, il western all'italiana, la moda dell'action movie, avrebbero travolto. Appaloosa è interamente girato nel New Mexico, ad eccezione della sequenza del villaggio in stile messicano di Rio Seco (in cui ha luogo la sparatoria nella quale Virgil Cole rimane gravemente ferito al ginocchio) per la quale viene utilizzato il grande set [foto] che era stato costruito a Dripple Springs, nell'area di Austin (Texas), per Alamo: Gli ultimi eroi (The Alamo, 2004) (un infelice rifacimento del celebre film di John Wayne del 1960), di cui Dean Semler è stato direttore della fotografia.



Appaloosa: il set di Dripple Springs.

Gran parte della vicenda di Appaloosa si svolge nella “western town” di Cerro Pelon Ranch, presso Galisteo, a 24 miglia a sud di Santa Fe. L'area di Santa Fe è attualmente una delle più importanti location cinematografiche per il western, in grado di offrire non solo una grande varietà di paesaggi (vasti altopiani, montagne, fiumi, aree desertiche ricche di colore), ma anche tre villaggi western. Le strutture che nel film di Ed Harris rappresentano la cittadina di Appaloosa furono costruite nel 1984 per il famoso Silverado e poi, con gli opportuni cambiamenti, vennero usate in molti altri film e produzioni televisive, tra cui la celebre miniserie Colomba solitaria (Lonesome Dove, 1989), Young Guns II (1990), Jack colpo di fulmine (Lightning Jack, 1993), Wyatt Earp (1994), Buffalo Girls (1995), The Hi-Lo Country (1998), Wild Wild West (1999), per il quale fu costruito anche un tratto di linea ferroviaria, poi utilizzato anche in Quel treno per Yuma (2007) e Appaloosa. Fino al 2001 questo set era conosciuto come Cook Ranch, dal nome del proprietario. Poi il ranch fu acquistato da Tom Ford, il noto stilista. Nato ad Austin (Texas) nel 1961, all'età di undici anni si trasferì con la famiglia a Santa Fe. Tom Ford ha raggiunto fama internazionale per aver curato il rilancio della maison Gucci negli anni '90 e per aver creato il marchio Tom Ford. Ha sempre avuto contatti col mondo del cinema, non solo curando gli abiti di James Bond in Quantum of Solace, ma anche debuttando recentemente alla regia cinematografica con A Single Man (tratto dall'omonimo romanzo del 1964 di Christopher Isherwood); gli interpreti del film, di cui Tom Ford è anche coproduttore e sceneggiatore, sono Colin Firth e Matthew Goode. Chissà se il noto designer di moda, ora che è passato anche passato alla regia, ha qualche progetto western da realizzare nel suo bel ranch di Cerro Pelon? – Carlo Gaberscek (febbraio 2009)


Appaloosa: il duello finale.

 

 
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