Carlo Gaberscek su VAMOS A MATAR, COMPAÑEROS (S. Corbucci, 1970)



Messico e rivoluzione e fu "Zapata western"

Cento anni fa in Messico aveva inizio quella che è la prima delle rivoluzioni del ventesimo secolo. Una rivoluzione di cui la stampa e anche il cinema fanno conoscere eventi e protagonisti, tra i quali  principalmente Francisco (Pancho) Villa ed Emiliano Zapata. Una società americana riesce a ottenere da Pancho Villa l’esclusiva delle riprese cinematografiche durante le sue operazioni militari in cambio di una grossa somma di denaro, di cui il capo rivoluzionario aveva bisogno per acquistare armi. Nei decenni successivi diversi film sulla rivoluzione sono realizzati sia da Hollywood sia dalla cinematografia messicana. Negli anni ’60 con il boom del western all’italiana si afferma anche un sottogenere che viene definito “Zapata western”. E’ un filone cinematografico, che inizia con Quién sabe? (1966) diretto da Damiano Damiani, che mescola all’avventura ambientata in un Messico pittoresco fervori rivoluzionari e simpatie terzomondiste gradite al pubblico giovanile del periodo della contestazione attorno al 1968. Infatti si tratta di un tipo di cinema che dimostra di essere strettamente legato all’atmosfera politica di quegli anni, in cui era riservata particolare attenzione alle rivoluzioni del Terzo Mondo, soprattutto a quelle dell’America latina. In tale contesto il Messico e le sue vicende storico-politiche negli anni ‘10 del Novecento (spettacolari scontri armati, massacri, esecuzioni sommarie, saccheggi, espropriazione di terre di latifondisti, la rimessa in discussione di proprietà minerarie e petrolifere straniere) diventano per il cinema europeo la metafora della rivoluzione. Mettendo in scena capi rivoluzionari, peones, generali governativi reazionari, consiglieri militari stranieri, trafficanti d’armi, mercenari, i film di questo filone, almeno quelli più “impegnati”, cercano di far scaturire una riflessione su situazioni contemporanee. Altri film finiscono invece per mettere in primo piano l’aspetto avventuroso della dialettica inseguitori-inseguiti e della caccia al tesoro, con abbondante ricorso a luoghi comuni sul folclore messicano. L’immagine che viene data da queste pellicole di produzione europea non è accettata dalla censura messicana, che ne rifiuta gli schematismi, gli stereotipi, le inesattezze, gli aspetti caricaturali, gli stravolgimenti di quella che era stata la realtà storica  e pertanto in molti casi ne vieta la distribuzione nel Paese. Uno dei film più famosi del filone “Zapata western”, in cui la rivoluzione messicana (1911-1919), con il suo misto di brigantaggio, folclore e lotta di classe, si prestava dunque a coniugare ideologia e spettacolo, è Vamos a matar, compañeros (1970), una coproduzione italo-spagnola-tedesca, diretta da Sergio Corbucci. Elemento caratteristico di questi film è la messa in scena di due personaggi cardine: il messicano, sempre presentato come grezzo, istintivo, sanguigno, e lo yankee (ma può essere anche un europeo), freddo, cinico, calcolatore. In questo caso la coppia è rappresentata da Yod (Franco Nero), un trafficante d’armi europeo, e Vasco (l’attore cubano Tomas Milian). I due vengono incaricati da un avido generale di rintracciare Xantos (l’attore spagnolo Fernando Rey), un vecchio professore idealista, guida spirituale di un gruppo di giovani rivoluzionari, il quale sa dove è nascosta una cassaforte che dovrebbe contenere un tesoro. Tra gli interpreti, anche Jack Palance, veterano del cinema americano, che interpreta la parte di un feroce killer. Il film è girato nei paesaggi aridi e desertici della provincia di Almería nel sud della Spagna e nell’area di Madrid, dove vengono utilizzati come set un antico monastero cistercense in rovina, una piccola stazione ferroviaria della campagna castigliana e il Rio Henares, immediatamente a sud di Alcalà de Henares, la città natale di Miguel de Cervantes. Grazie alla grande popolarità dei suoi protagonisti, alla musica di Ennio Morricone, al suo spirito eroicomico e picaresco, Vamos a matar, compañeros è uno dei film più rappresentativi del filone “Zapata western” che, tra gli altri, comprende Requiescant (1967) di Carlo Lizzani, Il mercenario (1968) di Corbucci, Tepepa (1969) di Giulio Petroni, Giù la testa (1971) di Sergio Leone. (Messaggero Veneto, 07-08-2009)*

* Articolo pubblicato in occasione della proiezione di Vamos a matar, compañeros, a Gemona, nell'ambito di "Cinema sotto le stelle", sabato 8 agosto 2009.

 

 

 
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