Carlo Gaberscek su LA GRANDE STRADA AZZURRA (1957)

L’Istria com’era in La grande strada azzurra di Gillo Pontecorvo
La grande strada azzurra (1957), interpretato da Yves Montand e da Alida Valli, fu per l’attrice, che era nata a Pola nel 1921, un’occasione per lavorare nella propria terra d’origine. Il film costituisce, tra l’altro, uno straordinario documento di ambienti, costruzioni, centri storici, che gli interventi edilizi e gli stravolgimenti intervenuti negli ultimi decenni hanno mutato o compromesso. Per rappresentare il piccolo centro peschereccio in cui si svolge la storia vengono utilizzate parti girate sia a Orsera (a nove chilometri a sud di Parenzo) sia a Umago (oggi in Croazia). Scene filmate nella zona del porto di Orsera e aree adiacenti (di fronte all’isola di S.Giorgio) vengono combinate in sede di montaggio con altre girate nel porto meridionale di Umago (in Riva S.Pellegrino e dietro l’abside della chiesa parrocchiale di S. Maria) e anche di fronte ai massicci muraglioni dei vecchi magazzini del sale a Bernardin, tra Pirano e Portorose (oggi in Slovenia). La sequenza del funerale della madre del protagonista è girata alla sommità di una ripida via situata a breve distanza dall’abside della chiesa di S. Martino a Orsera con ampia vista sulle isole dell’arcipelago. Altre parti di La grande strada azzurra  sono filmate immediatamente a sud di Rovigno nell’area in cui oggi si estende lo splendido Parco Forestale di Punta Corrente: scene ambientate in spiagge rocciose con vista sull’isola S. Caterina e l’Isola Rossa e nella Cava di Montauro a Punta Montauro, da cui venivano estratte le bianche pietre carsiche per costruire le chiese e i palazzi di Venezia. Le suggestive sequenze di pesca, in cui appaiono il protagonista e i suoi due figli, sono girate nello scenario lunare di coste, scogli e isolotti rocciosi brulli e deserti del Canale della Morlacca (Velebitski Kanal), lo stretto braccio di mare tra la massiccia catena montuosa di natura carsica del Velebit a picco sul mare Adriatico e le isole di Veglia, Arbe e Pag. (Messaggero Veneto, 8 febbraio 2011)

 

 

 
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