Carlo Gaberscek su GLORIA: APOTEOSI DEL SOLDATO IGNOTO (IT 1921)

Quando l’Italia s’inchinò al Milite Ignoto
Tra il 1920 e il 1921 in tutti i paesi vittoriosi fu istituita una solennità nazionale in ricordo dei soldati morti nella guerra mondiale e la cerimonia della sepoltura del Milite Ignoto portò quel culto all’apoteosi. In Italia l’idea di tributare onoranze solenni a una salma sconosciuta di soldato tra i suoi  650.000 caduti è del colonnello Giulio Douhet, fondatore dell’Unione Nazionale Ufficiali e Soldati, che la propone tramite un articolo pubblicato nel periodico Il Dovere, da lui diretto, nell’agosto del 1920. Si  presenta un disegno di legge che è approvato nell’agosto dell’anno successivo e diventa immediatamente operativo. Il ministro della Guerra, Luigi Gasparotto (di Sacile), dà subito incarico a un’apposita commissione, presieduta dal generale Giuseppe Paolini, (della quale facevano parte anche quattro ex combattenti designati dal sindaco di Udine, Luigi Spezzotti), di percorrere i campi di battaglia in ogni zona del fronte per raccogliere undici salme non identificabili, una delle quali, scelta a sorte, sarebbe stata tumulata a Roma nel Vittoriano, il complesso monumentale costruito in onore di Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia. Le prime sette salme rinvenute vengono portate a Udine, la città che fino a tre anni prima è stata “la capitale della guerra”. La partecipazione popolare all’evento, all’arrivo dei feretri il 13 ottobre 1921 e durante i cinque giorni della loro esposizione nella chiesa di Santa Maria del Castello, è imponente e commossa, come testimoniano la stampa dell’epoca e le foto Brisighelli conservate nell’Archivio dei Civici Musei. Fu proprio a Udine che si constatò quanto tale impresa fosse cara alla popolazione, che intervenne in massa a quel rito collettivo, con forti sentimenti di identificazione. Il 18 ottobre le sette salme sono trasportate a Gorizia, la “città martire”, nella chiesa di Sant’Ignazio, ancora mutilata e segnata dalle ferite della guerra. Nei giorni seguenti altre quattro salme vengono rinvenute nella zona del fronte: il monte Rombon, il San Michele, Castagnevizza del Carso (limite massimo dell’avanzata italiana), le foci del Timavo. Il 27 ottobre le undici salme raggiungono Aquileia.
    Intanto a Trieste si allestisce la carrozza-feretro che trasporterà “la Sacra Reliquia da Aquileia a Roma”, come cita la didascalia della prima scena del documentario Gloria: apoteosi del soldato ignoto, restaurato a cura della Cineteca del Friuli. Segue la scena del convoglio ferroviario che parte dalla stazione giuliana. E’ la mattina del 28 ottobre 1921: i cineoperatori sono all’opera. Panoramica verticale: dalla cima del campanile possente e slanciato a piazza del Capitolo, quindi movimento orizzontale fino al portico della basilica di Aquileia. Nelle vie imbandierate e decorate con festoni, ghirlande, archi trionfali rivestiti di fronde d’alloro sfilano autorità militari e civili, ex combattenti, madri, vedove e orfani di guerra. La macchina da presa inquadra Luigi Macchi, sottosegretario alla Guerra, e l’onorevole Cesare Maria De Vecchi, relatore alla Camera della legge sul Milite Ignoto. Nella scena successiva compare Emanuele Filiberto, duca d’Aosta, comandante della Terza Armata, che si appresta a lasciare Grado per raggiungere, via mare, il luogo della grande cerimonia. Particolarmente suggestive le parti filmate all’interno della basilica, ove, in un’atmosfera mistica e solenne, che la pellicola rende ancor più austera, utilizzando in maniera drammatica ed espressiva i forti contrasti chiaroscurali e le spirali di fumo degli incensi e dei torcieri, si sta celebrando la sacralizzazione del sacrificio, il lutto collettivo di una nazione. Le scene girate all’interno della basilica aquileiese rendono partecipi milioni di persone (questo documentario fu proiettato anche all’estero) degli stati d’animo, dell’intensa emozione, del senso religioso dell’attesa, culminanti nella scena della “Madre Triestina che additò l’ignoto Milite destinato all’Altare della Patria”. E’ Maria Bergamas, che, ripresa in piano medio e quindi in primo piano, di spalle, si prostra davanti al feretro, mentre le campane cominciano a battere tocchi grevi e profondi e i cannoni sparano a salve “in un duetto come di morte e di gloria”. La mattina del 29 ottobre “l’Eletto lascia i suoi compagni di Gloria”. Il convoglio funebre parte lentamente dalla stazione di Aquileia e si dirige “sulla via del Friuli”, seguito da automobili sulle strade polverose e sorvolato da velivoli dell’aviazione militare.
     La  seconda parte del documentario s’inizia con l’omaggio reso alla stazione ferroviaria di Udine, ove il convoglio sosta dalle 10,10 alle 11. Poi prosegue attraverso Codroipo, il ponte sul Tagliamento, Cusano. Si ferma  quindi alla stazione di Pordenone, gremitissima. Quando, dopo Sacile e Conegliano, arriva al ponte della Priula, dalle carrozze si lanciano fiori nelle acque del Piave. Durante la sosta a Venezia, una corona d’alloro viene calata in mare affinché, in questo rito, vengano ricordati i marinai morti in guerra. Il viaggio continua attraverso Mestre, Padova, Montegrotto, Monselice, Pontelagoscuro, Ferrara, Bologna, l’Appennino, Firenze, Arezzo, Orvieto. E’ l’Italia che diventa teatro di una grandiosa celebrazione, un rito corale di cordoglio nazional-popolare. La notte del quarto giorno di viaggio il convoglio sosta a Portonaccio, alla periferia nord di Roma. Prima della panoramica della capitale dall’alto dei colli appare una didascalia con versi di D’Annunzio: “La Madre chiama: in te comincia il pianto, nel profondo di te comincia il canto, l’inno comincia degli imperituri”. Versi che sottolineano il concetto Patria-Madre-Roma. Il figlio, che con il suo eroico sacrificio ha liberato e redento l’antica Aquileia e le terre che ad essa facevano capo, ora ritorna glorioso alla Madre-Roma. Il 2 novembre, ricorrenza dei morti, il convoglio funebre entra a Stazione Termini, accolto dal re Vittorio Emanuele III e dalle più alte cariche militari e civili. In questa ultima parte del documentario la maestosità e il fasto imperiale delle architetture romane, spesso riprese dall’alto, l’aspetto coreografico e spettacolare delle sfilate, il timbro ufficiale delle cerimonie prendono il sopravvento rispetto al clima più ricco di pathos e commozione delle tappe precedenti del viaggio. Un corteo accompagna il Milite Ignoto alla basilica di S.Maria degli Angeli, sede della diocesi militare, in piazza Esedra, ove la salma riceve la benedizione di monsignor Angelo Bartolomasi, ordinario militare per l’Italia e (dal 1919) vescovo di Trieste. Tra le migliaia di illustri partecipanti alle cerimonie romane la macchina da presa si sofferma su padre Giovanni Semeria (che durante la guerra era stato cappellano di Cadorna), il celebre predicatore barnabita diventato una figura molto popolare tra le truppe. E’ uno dei pochi primi piani di questo documentario, che privilegia l’aspetto corale di quella che, fino a quel momento storico, fu la più grande manifestazione patriottica dello Stato italiano, l’apoteosi di quella religione della Patria che, elaborata sin dall’inizio dell’Ottocento (soprattutto a livello letterario), trova ora in questa cerimonia una compartecipazione e una condivisione da parte della collettività, che nella trasfigurazione simbolica del soldato sconosciuto, tumulato il 4 novembre 1921 (terzo anniversario della vittoria) sotto la statua della Dea Roma, riconosce valori, virtù, significati, memorie.
(Messaggero Veneto, 29.10.2008)

Articolo pubblicato in occasione della presentazione del film al Cinema Visionario di Udine.

 

 
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