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Anno festival Sezione festival
2014 The Barrymores

Titolo film THE MYSTERIOUS ISLAND
Titolo alternativo 1 L’isola misteriosa
Titolo alternativo 2
Titolo alternativo 3
Paese USA
Data uscita 1929
Produzione Metro-Goldwyn-Mayer Corp.
Regista Lucien Hubbard

Formato   Velocità (fps)
35mm / DCP   24
     
Lunghezza   Durata
7078 ft.   78' + 9'40"

Fonte copia Rl. 1-9: Národní filmový archiv, Praha; Rl. 10: La Cineteca del Friuli, Gemona
   
Note copia Rl. 1-9: 35mm, 7078 ft., 78' (24 fps), col.; did./titles: CZE; Rl. 10: DCP (da/from 16mm), 9'40" (trascritto a/transferred at 20 fps), bn/b&w, did./titles: ENG

Cast
Lionel Barrymore (André Dakkar), Jane Daly [Jacqueline Gadsden] (Sonia), Lloyd Hughes (Nikolai), Montagu Love (Falon)
 
Altri credits
prod., scen: Lucien Hubbard; dal romanzo/based on the novel L’Île mystérieuse di/by Jules Verne (1874); f./ph: Percy Hilburn; scg./des: Cedric Gibbons
 
Altre informazioni
première: 25.10.1929 (Castle Theatre, Chicago)
 
Scheda film
Immediata risposta della M-G-M ai suoi successi del 1925, The Big Parade (La grande parata) e Ben-Hur, e progettato fin dall’inizio come un ambizioso “road show” (distribuito in un circuito di sale selezionate e a prezzi speciali), questo adattamento del romanzo di Giulio Verne del 1874 su un gruppo di naufraghi in un’isola dei mari del Sud poté disporre di un elevato budget iniziale di 600.000 dollari e prevedeva l’utilizzo della miglior fotografia a effetti speciali allora disponibile. Per elevare ai massimi livelli la produzione, la M-G-M decise che sarebbe stata realizzata interamente in Technicolor. Le scene in interni a Hollywood e gli esterni alle Hawaii furono affidati al visionario regista francese Maurice Tourneur, mentre le riprese subacquee alle Bahamas furono assegnate a J.E. Williamson, che aveva già filmato quelle della trasposizione cinematografica del 1916 di Ventimila leghe sotto i mari sempre di Verne. Gli attori principali dovevano essere Lionel Barry-more nel ruolo di Nemo, Sally O’Neil in quello di sua figlia Nita e Conrad Nagel in quello del capi-tano Harding.
Le riprese iniziarono nel 1926, ma sorsero subito problemi. Il regista Tourneur, in disaccordo con le imposizioni restrittive del produttore Hunt Stromberg, abbandonò infuriato il set dopo una setti-mana e tornò per sempre in Europa. Fu sostituito da Benjamin Christensen, il regista danese di Häxan (La stregoneria attraverso i secoli, 1922), che riprese il lavoro dove l’aveva lasciato Tourneur. Tuttavia, insoddisfatto della sceneggiatura, Christensen volle riscriverla, provocando altri ritardi e la sostituzione di alcuni attori. Intanto, ai Caraibi, Williamson si preparava a girare le scene subacquee con la tecnologia da lui brevettata della Photosphera – una sorta di sommergi-bile con un frontale di vetro abbastanza grande da contenere una cinepresa e un operatore. Con un gruppo di comparse addestrate nel nuoto, Williamson si accingeva a filmare i relitti affondati, le schermaglie sott’acqua e le lotte con le piovre giganti quando l’isola fu devastata da tre uragani, che nell’autunno del 1926 distrussero le attrezzature speciali e i set sottomarini provocando danni per un valore di 150.000 dollari e ulteriori ritardi.
Dopo sei mesi di riprese sotto la direzione di Christensen, del film era stato completato solo il prologo russo. Già ampiamente fuori budget e con un ritardo di mesi rispetto al piano di lavorazi-one, la produzione fu accantonata del tutto all’inizio del 1927, con la speranza di poterla recu-perare in un secondo tempo. Il produttore Erich Pommer e il regista Cecil B. DeMille furono en-trambi brevemente tentati di riprendere il progetto, prima che questo fosse affidato al produttore Lucien Hubbard nel 1928. Hubbard era al top del successo per Wings (Ali) del 1927, premiato dall’Academy per i suoi “eccezionali meriti produttivi”, e per una fortunata serie Paramount di western a grosso budget tratti dai romanzi di Zane Grey, tra cui Wanderer of the Wasteland (L’errante senza colpa) del 1924 e The Vanishing American (Stirpe eroica) del 1925.
Salvare ciò che era già stato girato non era un’impresa facile, perché alcuni attori precedente-mente sotto contratto con la M-G-M erano nel frattempo andati via, e in loro assenza restavano molti buchi di sceneggiatura. Con rigorose limitazioni di budget, Hubbard dové rielaborare il mate-riale esistente in una nuova storia che incorporava il cast superstite e che poteva essere girata interamente nel backlot dello studio di Culver City, onde evitare altri disastri naturali e le costose trasferte in località esotiche.
Il nuovo trattamento di Hubbard accantonò del tutto il romanzo di Verne e dette maggiore sviluppo al prologo russo, aggiungendo nuovi personaggi, ampliando le scene subacquee e accrescendo la spettacolarità. Lionel Barrymore divenne il conte Dakkar, mentre Jacqueline Gadsden, che nella versione del 1926 interpretava sua moglie, divenne sua figlia Sonia; fu introdotto anche un nuovo personaggio, l’eroe romantico Nicolai, interpretato da Lloyd Hughes.
Quasi tutto il materiale subacqueo di J.E. Williamson fu scartato e il fondale marino fu minuzio-samente ricostruito in studio. Hubbard aggiunse alla storia la scoperta di una razza di creature acquatiche sottomarine. “Per le grandi scene di massa girate nel backlot dello studio radunammo tutti i nani locali che riuscimmo a trovare”, ricordava. “Dopo averli dotati di costumi speciali, li facemmo oscillare sospesi in aria filmandoli attraverso un vetro di cattiva qualità, e questo dava l’impressione dell’acqua.” Per accrescere l’impatto spettacolare di questo ambiente sottomarino si ricorse all’uso di mascherini, miniature e primi piani di vita marina.
Il prodotto finale, distribuito nel settembre del 1926, presentava un mix di Technicolor e imbibizi-oni, con l’uso in alcune riprese dei colori spot del procedimento Kelley Color, oltre a un pot-pourri di materiali muti e sonori. Il colore fece la parte del leone nel materiale pubblicitario del film, che spesso ometteva di dire che solo 80 dei suoi 96 minuti di durata erano a colori, preferendo l’ingannevole etichetta di “100% natural color”. I recensori furono molto colpiti dall’efficace uso del colore, rilevando come questo spesso migliorasse la natura fantascientifica della storia. “Invece dei paesaggi, dei fiori e dei ricchi costumi che solitamente sono il fulcro di questo tipo di film”, no-tava il Washington Post, “qui vediamo i macchinari e le meraviglie del laboratorio di un inventore esaltati dal colore. Le luci lampeggianti rosse, verdi e bianche delle spie elettriche e dei quadranti luminosi; i bagliori cangianti dei liquidi colorati negli apparecchi di vetro; i rossi bagliori delle fiamme delle forge della grande officina dove si fabbricano in segreto i sottomarini; i riflessi mutevoli sui pistoni lucidi e i volani, tutto si combina nel trasformare quello che avrebbe potuto essere un mero sfondo nel cuore vibrante e pulsante dell’intera scena.”
Il budget complessivo finale di 1.130.000 dollari significò che The Mysterious Island lottò per re-cuperare i costi, ma senza riuscirci. Nonostante il redditizio noleggio su scala mondiale di ben 726.000 dollari, il film riportò nelle casse della M-G-M solo 878.000 dollari. L’eccesso fu consid-erato come un altro costoso sbaglio. In ultima analisi, il film arrivò troppo tardi per fare effetto; nonostante il valore aggiunto del colore, un film muto era già roba vecchia.
In genere la versione originale a colori di The Mysterious Island è stata considerata “perduta”. Dopo la sua prima distribuzione, il film non fu più rivisto fino alla fine degli anni Sessanta, quando la M-G-M ne completò la preservazione. Il film fu duplicato, ma in bianco e nero, da una copia a colori conservata nei sotterranei dello studio ed è questa la versione che è sempre circolata da allora negli Stati Uniti ed è passata spesso in televisione. La copia a colori presentata alle Gior-nate 2014 è stata preservata negli anni Settanta dal Národní Filmový Archiv di Praga a partire da una copia nitrato incompleta con le didascalie in ceco. Si tratta dell’edizione muta per la distribuz-ione all’estero, che tuttavia è fondamentalmente uguale alla versione sonora, essendo stata stampata dallo stesso materiale originale. Sfortunatamente, la copia 35mm di Praga è mancante del rullo finale, ma per la proiezione al Verdi siamo in grado di colmare la lacuna mediante il DCP di questo rullo ricavato da una copia 16mm in bianco nero con le didascalie in inglese conservata dalla Cineteca del Friuli.– James Layton