torna alla ricerca torna alla ricerca   English

Anno festival Sezione festival
2009 ALBATROS

Titolo film LE CHASSEUR DE CHEZ MAXIM’S
Titolo alternativo 1
Titolo alternativo 2
Titolo alternativo 3
Paese France
Data uscita 18 novembre 1927
Produzione Films Albatros
Regista Nicolas Rimsky & Roger Lion

Formato   Velocità (fps)
35mm   18
     
Lunghezza   Durata
2613 m.   127'

Fonte copia Cinémathèque française, Paris
   
Note copia Restored in 1987
Didascalie in francese / French intertitles

Cast
Nicolas Rimsky (Julien Pauphilat), Pepa Bonafé (Totoche), Simone Vaudry (Mimi), Valeska Rimsky (zia/aunt Clara), Olga Barry (Cricri), Lou Davy, Eric Barclay (La Guérinière), Émile Royol (Candebec), Max Lerel (Octave), Yvonneck (Florent Carambagnac), Alexis Bondireff (uomo coi pacchi/the man with the packages), Guy Ferrant (Nioky Hagagayana), Léon Courtois (maggiordomo/a major-domo)
 
Altri credits
scen: Nicolas Rimsky & Roger Lion; dalla pièce di/from the play by Yves Mirande & Gustave Quinson (1920); didascalie/intertitles: Raoul Ploquin; f./ph: Maurice Desfassiaux, Paul Guichard, [Nicolas Roudakoff]; scg./des: Lazare Meerson, Constantin Bruni; prod: Alexandre Kamenka
 
Altre informazioni
riprese/filmed: Marseille, Studio Montreuil, Studio Gaumont
 
Scheda film
La pièce teatrale del 1920 di Yves Mirande (1875-1954) e Gustave Quinson (1863-1943) si è rivelata un durevole cavallo di battaglia del cinema francese: alla versione muta della Albatros del 1927 sono seguiti altri quattro adattamenti per lo schermo nel 1933, 1939, 1953 e 1976 (dove le ‘belles’ di Maxim’s includevano Sabine Azéma e Marie-Hélène Breillat, sorella di Cathérine). La Albatros in realtà ne acquisì i diritti dopo la morte di Max Linder, che aveva intenzione di assumerne la regia, riservandosi il ruolo di Julien Pauphilat. Alcune fonti moderne attribuiscono la sceneggiatura a una collaborazione tra lo stesso Linder e lo scrittore umorista russo Michel Linsky, anche se nessuno dei due figura nei credits originali del film. Il portiere di Maxim’s è l’antitesi dell’umiliato portiere di Emil Jannings in Der letzte Mann (L’ultima risata, 1924). Julien, dopo quaranta anni di servizio, è al contempo uno scaltrito traffichino e uno sfrontato lenone. Ha investito la fortuna accumulata con le mance in una tenuta con château, dove mantiene nel lusso la propria famiglia, peraltro affatto ignara della sua vera occupazione. Ma quando la figlia di Julien incontra, innamorandosene, il più scatenato libertino di chez Maxim’s, cominciano i guai…
Il ruolo di Julien segna il punto finale nella nuova carriera comica intrapresa da Nicolas Rimsky dopo una lunga serie di interpretazioni drammatiche. La sua prima prova era stata in Ce cochon de Morin, e in L’heureuse mort era già diventato un sottile e versatile attore comico. Ma nel tempo intercorso tra quelle due interpretazioni e Le chasseur de chez Maxim’s, si vede chiaramente che Rimsky aveva studiato con attenzione i comici americani, in particolare Keaton, Lloyd e Chaplin, dal quale molto aveva imparato sulla reazione, sulle camminate eccentriche e sul potenziale comico delle riprese di spalle.
Questa volta Rimsky si dirige da solo; e come nei suoi precedenti film da regista (Le nègre blanc, Paris en quinze jours, Jim la houlette e Pas sur la bouche) lavora in co-regia, qui con Roger Lion. I critici dell’epoca dichiararono che il film ci guadagnava parecchio dalla regia à l’américain. Rimsky è incapace, tuttavia, di contenere il proprio entusiasmo per le sue nuove trovate comiche, e il film è innegabilmente troppo lungo – ben mezz’ora in più di tutte le versioni sonore che seguiranno. Ad esempio: una sequenza di sbronza che dura 15 minuti di per sé può anche rappresentare un’esibizione di fine virtuosismo, ma qui è praticamente un 2-reeler senza alcuna relazione con il resto e interpolato in modo del tutto superfluo.
Al di là di queste défaillance, il film evidenzia bene la particolare abilità della Albatros nell’affrancare i propri adattamenti dei vaudeville dalle loro origini teatrali. Un critico dell’epoca, Edmond Epardaud, sottolineò con sagacia questo buon risultato in Cinéa-Ciné pour tous (No. 88, 1° luglio 1927): “Gravato dalla più bassa volgarità e olezzante di cattivo teatro – sullo schermo il teatro boulvardier offre sempre un brutto spettacolo – i migliori film ispirati ai vaudeville riescono solo a Hollywood, dove vengono trattati come cinema raffinato di qualità: ma qui, la Albatros riesce – ancora una volta, e in modo esemplare – a riabilitare pienamente un genere ormai logoro. ... Il vaudeville di Mirande e Quinson è sviluppato con inventiva di dettagli, umorismo nello stile di Charlie Chaplin e Harold Lloyd, tecnica e fotografia impeccabili, attori che recitano senza fare smorfie né gesticolare, e un décor non necessariamente ispirato alle portinerie d’anteguerra. … Le chasseur de chez Maxim’s è insomma un film di notevole pregio, scorrevole, divertente, elegante quando serve (perché no?). È recitato con grande serietà (la commedia richiede molta più serietà del genere ‘serio’). L’azione serba costantemente un solido impianto teatrale, tempi impeccabili e una grande cura nell’insieme e nei dettagli; ma, soprattutto, ogni scena è considerata importante esattamente come le altre. Epardaud avrebbe potuto benissimo menzionare tra le eccellenze della sua lista le scenografie di Lazare Meerson, e in particolare il set labirintico del Maxim’s ricostruito in studio (molto più grande del vero Maxim’s).
Il film venne restaurato nel 1987 da una copia nitrato originale in bianco e nero acquisita dalla Cinémathèque Française nel 1958.
DAVID ROBINSON