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Anno festival Sezione festival
2005 Antoine cineasta e il realismo francese

Titolo film QUATRE-VINGT-TREIZE
Titolo alternativo 1
Titolo alternativo 2
Titolo alternativo 3
Paese France
Data uscita 1914-1921
Produzione S.C.A.G.L.
Regista Albert Capellani (1914), completato da/completed by André Antoine (1919)

Formato   Velocità (fps)
35mm   18
     
Lunghezza   Durata
3394 m.   165'

Fonte copia Cinémathèque Française
   
Note copia Didascalie in francese / French intertitles

Cast
Henry Krauss (Cimourdain), Paul Capellani (Gauvin), Philippe Garnier (marchese di/Marquis de Lantenac), Dorival (Le Sergent/sergente/Sergeant Radoub), Max Charlier (Imanus), Maurice Schutz (Grandcoeur), Charlotte Barbier-Krauss (Flécharde)
 
Altri credits
scen., adatt./adapt: Albert Capellani, dal romanzo di/from the novel by Victor Hugo; f./ph: Pierre Trimbach, Paul Castanet?, Karénine Mérioban
 
Altre informazioni
dist: Pathé-Consortium-Cinéma; ppp/rel: 2 parti/2 parts, 24.6.1921, 1.7.1921
 
Scheda film
L'apporto di Antoine a questo film firmato a quattro mani con Albert Capellani è stato esiguo e assai limitato. Stando alla testimonianza del figlio André-Paul, “nel 1914, al momento della firma del contratto con la S.C.A.G.L., Antoine aveva assistito alle riprese di qualche scena di '93”. La lavorazione del film però venne interrotta dallo scoppio della guerra e Capellani abbandonò la Francia per gli Stati Uniti, lasciando il film incompiuto. “Per recuperare il capitale investito, la S.C.A.G.L. chiese ad Antoine il favore di portarlo a termine, cosa che egli fece in pochi giorni con l'accordo di Capellani.” Secondo qualche fonte, Antoine girò l'episodio finale di La Torgue, alcuni esterni e fece la supervisione al montaggio. Sarebbe stato possibile terminarlo prima se durante il periodo bellico non fosse intervenuta la censura a proibire la trattazione di un soggetto che evocava la guerra civile. Tratto dal celebre romanzo omonimo di Victor Hugo, il film racconta infatti eventi e protagonisti di un anno cruciale della storia francese, quel 1893 nel quale la Convenzione si dilania in lotte interne tra le diverse fazioni rivoluzionarie mentre i favorevoli all'Ancien Régime giocano le loro chances reazionarie in Vandea.
Nell'ottobre del 1921, qualche mese dopo l'uscita del film, in un articolo contro i danni prodotti dalla censura, Antoine denunciava il fatto che, sotto il pretesto della pace sociale era stata così a lungo rinviata la diffusione di un film che egli considera un capolavoro: “Ecco un film distribuito sette anni dopo esser stato girato: fortunatamente, per il suo carattere storico, il talento del regista Capellani sfugge al pericolo di risultare datato, ma per miracolo, in un'arte in cui gli sviluppi sono incessanti.”
Girato dunque in buona parte da Capellani, il film ne porta tutte le tracce. Basta accostarlo al precedente Les misérables, un altro grande romanzo di Hugo da lui portato sullo schermo, per capire con quale forza vi si riconnetta, tanto che l'uno sembra il prolungamento dell'altro, sia nella mise en scène, sia nei modi di ripresa: accurata ricostruzione della scenografia e dei costumi, lunghe inquadrature in campo medio nelle quali l'azione si compie senza alcun cambio di punto di vista, tanto caro invece ad Antoine, che sfrutterà la risorsa del montaggio fin dal suo primo film. In questo impianto, che ancora risente del teatro, spiccano le interpretazioni di molti attori cresciuti alla scuola di Antoine: da Henry Krauss (titanico Cimourdain) a Paul Capellani (appassionato Gauvain), da Philippe Garnier (gelido e impietoso marchese di Lantenac) a Charlotte Barbier-Krauss (una coraggiosa e addolorata Flécharde). Ma se il film resiste al tempo lo si deve, oltre alle prestazioni attoriali, a sequenze di grande intensità. Senza citare la compostezza del tragico finale, si rivedano ad esempio due sequenze: prima, quella del marinaio condannato a morte perché non ha ben fissato i cannoni sradicati dal rollio della nave; poi, quella successiva sulla scialuppa, in cui il fratello Halmolo medita di vendicarne la morte prefiggendosi di uccidere il marchese di Lantenac che l'ha decretata, ma si lascia irretire dall'oratoria del nobile e desiste da proposito. - LUCIANO DE GIUSTI