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Anno festival |
Sezione festival |
2005 |
Antoine cineasta e il realismo francese |
Titolo film |
GERMINAL |
Titolo alternativo 1 |
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Titolo alternativo 2 |
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Titolo alternativo 3 |
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Paese |
France |
Data uscita |
1913 |
Produzione |
S.C.A.G.L. |
Regista |
Albert Capellani |
Formato |
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Velocità (fps) |
35mm |
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18 |
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Lunghezza |
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Durata |
3017 m. |
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147' |
Fonte copia |
Cinémathèque Française |
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Note copia |
Didascalie in francese / French intertitles |
Cast |
Henry Krauss (Etienne Lantier), Jean Jacquinet (Chaval), Paul Escoffier (Négrel), Dharsay (Souvarine), Mévisto (Le Maheu), Sylvie (Catherine), Albert Bras (Hennebeau), Marc Gérard (Bonnemort), Cécile Guyon (Cécile Hennebeau), Jeanne Cheirel (la Maheude), Max Charlier |
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Altri credits |
scen: Albert Capellani, dal romanzo di/from the novel by Emile Zola; f./ph: Pierre Trimbach, Karénine Mérioban; scg./des: Henri Ménessier |
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Altre informazioni |
dist: Pathé-Consortium-Cinéma; ppp/rel: 2 parti/2 parts, 10.4.1913 |
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Scheda film |
Forte del successo dei Misérables nel 1912, Capellani, l'anno successivo - anno di cui è risaputa l'importanza sotto ogni punto di vista, ivi compreso quello del realismo nel cinema, gira con mezzi inusitati e conformi al progetto un affresco di inconsueta lunghezza (circa 2 ore e mezzo), basato sul celebre romanzo di Zola che descrive la vita dei minatori, simbolo durevole della condizione operaia fin verso il 1960. Ci si rende conto di quanti passi avanti si siano fatti in così pochi anni rispetto ai fondali dipinti di Zecca, se si tiene presente anche il notevole film di Victorin Jasset Au pays des ténèbres (1911), pure esso parzialmente girato in una miniera abbandonata, nel quale era già presente la preoccupazione dell'autenticità e il talento plastico del maestro dell'Eclair. Questa pellicola di 705 metri era una trasposizione di Germinal inevitabilmente sommaria per la mancanza di mezzi adeguati, ma segnava l'ingresso del paesaggio industriale nel cinema francese. Oltre all'ampiezza e alle prevedibili peripezie, Germinal di Capellani fece epoca non tanto per lo spirito dell'adattamento quanto per la sua forza espressiva. Rispetto ai contenuti rigidamente controllati e abitualmente somministrati in questo genere di produzioni, la rottura è netta. In particolare la regola era di tacere sulla lotta di classe, i motivi profondi dei conflitti sociali, l'attività sindacale nel contesto politico. I comportamenti eventualmente inammissibili di padroni, quadri, ingegneri… erano sempre presentati come eccezionali, considerati dal punto di vista della psicologia individuale e della morale, e alla fine condannati. Sull'altro versante, gli operai seri potevano essere vittime della sorte, che la bontà dei superiori cercava di alleviare, ma potevano anche - perché ignoranti e ingenui - lasciarsi trascinare da “agitatori” parassiti o corrotti che predicano la rivolta tra una bevuta e l'altra in osteria. Lo sciopero rovina le famiglie e può condurre alla violenza, alla distruzione stessa degli strumenti di lavoro. Meglio la pace sociale. Se si esamina l'inizio e la fine dell'opera, si può constatare la chiara presa di posizione a favore dell'emancipazione della classe operaia, rappresentata nel rispetto della verità, senza angelicarla, anche se certe parti girate in studio sono meno credibili. Ad attirare subito l'attenzione dello spettatore è il fatto che questo è un dramma collettivo, esplicitato attraverso l'accuratezza degli ambienti in cui si svolge e tradotto nei gesti naturali del vissuto; trattandosi di un destino comune, ogni individuo partecipa a una sorta di coro sociale. Gli attori, che dimostrano una buona intesa, recitano in accordo alle norme del realismo di allora; più che dalla messa in quadro, i personaggi sono definiti attraverso l'abbigliamento, i gesti sobri, l'illuminazione. L'azione continua è montata logicamente, in campo medio, e senza effetti insistiti. Una tale maturità stilistica, ma prima di tutto ideologica, fa evidentemente pensare al maestro di Capellani (come gli interpreti: Henry Krauss, Mlle Sylvie, Mévisto…), ovvero ad André Antoine, che la S.C.A.G.L. cercava di attrarre. Ma non è provato che lui, intimo di Zola, prima di passare al cinema abbia partecipato alla sceneggiatura di questo Germinal che sembra portare sullo schermo gli elementi essenziali della sua lezione. Pur freddi, gli anarchici del momento (Le Libertaire, Le cinéma du Peuple) diedero il loro sostegno a questa originale produzione che uscì dieci mesi prima della Grande Guerra. - PHILIPPE ESNAULT
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