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Anno festival Sezione festival
2003 Mosjoukine: i sentieri dell'esilio

Titolo film MICHEL STROGOFF
Titolo alternativo 1
Titolo alternativo 2
Titolo alternativo 3
Paese France
Data uscita 1926
Produzione Ciné-France-Film/Films de France-Société des Cinéromans
Regista Viatcheslav Tourjansky [Vyacheslav Turzhanski]

Formato   Velocità (fps)
35mm   20
     
Lunghezza   Durata
3845m   169'

Fonte copia Cinémathèque Française
   
Note copia Didascalie in francese / French intertitles.

Cast
Ivan Mosjoukine, Nathalie Kovanko, Acho Chakatnouny, Henri Debain, Gabriel de Gravonne, Eugene Gaidaroff, Tina de Izarduy, Boris de Fast, Wladimir Kwanine
 
Altri credits
sc.: Viatcheslav Tourjansky, Ivan Mosjoukine, Boris de Fast, from the novel by Jules Verne; ph.: Léonce-Henri Burel, Nicolas Toporkoff, Fedote Bourgassoff; art dir.: Alexandre Lochakoff, Pierre Schildknecht, César Lacca, Wladimir Meinhgardt
 
Altre informazioni
 
Scheda film
Nonostante le riserve che si possono nutrire nei confronti del film e del suo protagonista, la pellicola di Tourjansky rimane a tutt'oggi la miglior versione cinematografica del famoso romanzo storico di Giulio Verne, anzi, direi che si tratta di uno dei migliori adattamenti della letteratura popolare mai portati sullo schermo.
Le ragioni sono molteplici: in primis, il mondo del romanzo, la Russia imperiale dello zar Alessandro II, è ricreato da un gruppo di cineasti russi emigrati che per la prima volta hanno l'opportunità di abbandonarsi in un film alla nostalgia per la madrepatria che è stata loro usurpata (una doppia nostalgia, considerato che la vicenda riguarda il loro stesso passato storico). Avendo poi da poco vissuto un'altra specie di "esilio", da Montreuil a Billancourt, dove il produttore Noë Bloch, separatosi dal co-fondatore della Albatros, Alexander Kamenka, aveva creato la Ciné-France-Film, affiliata francese del potente nuovo consorzio a maggioranza tedesca, la Westi, questi russi si trovarono di colpo con le risorse finanziarie e tecniche per poter ricreare gli splendori e la vastità della Madre Russia, dall'opulenza dei balli di corte (ripresi a Billancourt) al fasto primitivo del campo dei ribelli tartari (gli esterni vennero girati in Lettonia, con un notevole supporto logistico da parte del governo locale e delle autorità militari).
Se però questo Strogoff funziona, gran parte del merito va al regista-sceneggiatore Tourjansky (qui al suo lavoro migliore). Il film ha tutta la pompa, il respiro epico ed il fascino ingenuo del romanzo di Verne: le scene di battaglia, con tutti i loro patetici dettagli ricordano quelle griffithiane della guerra civile di The Birth of a Nation, mentre il ballo iniziale, con le figure danzanti alternate alle riprese dell'avanzata delle orde tartare, rivela l'influenza del montaggio rapido di Gance - non va dimenticato che nel 1925 Strogoff e Napoléon furono girati praticamente fianco a fianco negli studi di Billancourt (solo dopo che Strogoff fu completato, Tourjansky avrebbe dato a Gance una mano dirigendo nel 1926 le scene della battaglia di Tolone).
Cosa più importante ancora, Tourjansky non tradisce il coup de théâtre finale di Verne. Se Strogoff non perde la vista quando la sciabola arroventata viene passata sui suoi occhi, è perché piange guardando la povera madre, non perché (come versioni più tarde vorrebbero far credere) il carnefice sia stato pagato per fingere l'accecamento! La fedeltà con cui Tourjansky rende per lo schermo questo miracolo fisiologico ci prepara a uno dei grandi momenti del film: il primo piano degli occhi di Mosjoukine che si aprono lentamente mentre il malvagio Ogareff urla impaurito: "Ci vede!" Questo sì che è grande cinema popolare.
E poi c'è Mosjoukine. Il film può anche non essere uno dei vertici della sua carriera d'interprete, ma nella miglior versione cinematografica del libro egli si rivela il miglior Strogoff possibile e si ritaglia come tale una splendida, romantica figura di uomo d'azione, leale e pronto al sacrificio, nonostante alcuni infelici cadute di stile e un'interminabile sequenza di delirio, quasi una parodia delle scene del sogno di Le Brasier ardent e assai poco in tono col film. In effetti queste interpolazioni sembrano essere state il principale contributo di Mosjoukine alla sceneggiatura (che Tourjansky affermò di aver scritto sostanzialmente da solo) e paiono suggerire il disagio con cui l'attore viveva il suo passaggio ai grandi film spettacolari, quasi temesse che avrebbe finito col perdere la sua anima di artista. - Lenny Borger