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Anno festival Sezione festival
2001

Titolo film CHUJI TABI NIKKI
Titolo alternativo 1 [DIARY OF CHUJI'S TRAVELS, A]
Titolo alternativo 2 [DIARIO DI VIAGGIO DI CHUJI KUNISADA, IL]
Titolo alternativo 3
Paese Japan
Data uscita 1927
Produzione Nikkatsu
Regista Ito, Daisuke

Formato   Velocità (fps)
35mm   18
     
Lunghezza   Durata
6360 ft.   94'

Fonte copia National Film Center
   
Note copia Frammenti della seconda e terza parte / fragments of the second and third parts.
Didascalie in giapponese, sottotitoli in inglese / Japanese intertitles, English subtitles.

Cast
Denjiro Okochi (seconda parte)
Hideo Nakamura (seconda parte)
Kichiji Nakamura (seconda parte)
Seinosuke Sakamoto (seconda parte)
Denjiro Okochi (terza parte)
Naoe Fushimi (terza parte)
Ranko Sawa (terza parte)
Motoharu Isokawa (terza parte)
Eiji Murakami (terza parte)
Nobuko Akitsuki (terza parte)
Kajo Onoe (terza parte)
Koka Nakamura (terza parte)
Mononosuke Ichikawa (terza parte)
 
Altri credits
Watarai, Rokuzo (ph.)
Karasawa, Hiromitsu (ph.)
 
Altre informazioni
Günther A. Buchwald, pianoforte.
Seconda parte / second part: SHINSHU KESSHO HEN / [BLOODY LAUGHTER IN SHINSHU] / [RISO CRUENTO A SHINSHU];
Terza parte / third part, GOYO HEN / [IN THE NAME OF THE LAW] / [IN NOME DELLA LEGGE];
prima proiezione / released 14.8.1927 (seconda parte / second part), 27.12.1927 (terza parte / third part)
 
Scheda film
Un film muto giapponese che si sia conservato rappresenta un'eccezione, un caso, una briciola. Per il Giappone la normalità è il film perduto. Stando al catalogo dell'anno 2000 la Cineteca nazionale di Tokyo non annovera più di 70 film (frammenti inclusi) risalenti all'epoca che precede il 1930. Non importa stabilire se essi corrispondano all'1 o al 5 per cento della produzione cinematografica complessiva; è in ogni caso come dire nulla. Alla fine del 1991 arrivarono al Filmcenter frammenti della trilogia Chuji tabi nikki (Il diario di viaggio di Chuji Kunisada, 1927) di Daisuke Ito. La trilogia originale aveva una lunghezza complessiva di 6540 metri; sotto forma di materiale positivo nitrato parzialmente imbibito sono rispuntati 1800 metri di una seconda versione antologica, ossia un episodio della seconda parte, "Riso cruento a Shinshu" (il perseguitato Chuji implora Yasusaemon di prendere con sé il fanciullo Kantaro e scopre che i suoi uomini si danno a volgari ruberie e abusano del suo nobile nome infangandolo) e circa metà della terza parte, "In nome della legge", con il finale un poco accorciato ma tuttavia ancora efficace. Ciò che si può vedere giustifica la leggenda - si tratta indubbiamente di un capolavoro -, ma conferma altresì quale catastrofe rappresenti l'irrimediabile perdita della grandiosa produzione degli anni Venti.
I frammenti consentono delle estrapolazioni. Perduto è l'impianto complessivo del trittico, che nelle critiche del tempo viene descritto come il susseguirsi di "freschezza" (parte iniziale), "intenso sentimento" (parte centrale) e "cupo nichilismo" (epilogo), ma quanto si è conservato, a livello di microcosmo, contiene una modulazione comparabile di atmosfere e tutto il declino di Chuji, che da supereroe invulnerabile si trasforma in corpo paralizzato e privo della parola, adagiato su una barella. Perduta è la rete complessiva di corrispondenze contenutistiche e grafiche, ma quanto rimane (il motivo del cerchio nei giganteschi tini per la distillazione e nel girotondo dei bambini) mostra la capacità ideativa e creativa del regista a questo riguardo; perduta è la maggior parte delle arditezze formali - i critici citano sequenze a montaggio accelerato o girate con la cinepresa "scatenata", tanto che a Daisuke Ito fu affibbiato il nomignolo di "Ido Daisuki" (cioè "grande predilezione per i movimenti della cinepresa") -, ma nel materiale giunto fino a noi si trovano spezzoni di cinema perfetto.
L'eroico ronin o yakuza nei film di genere - da Orochi del 1925 ai film di Takeshi Kitano - rivive il suo melodramma perenne; emarginato dalla società, un infausto destino e malvagi avversari, ma soprattutto la sua assoluta purezza lo spingono alla morte nel corso del suo ultimo e più bel combattimento o nel nobile suicidio. Quando Ito nega all'eroe Chuji Kunisada, popolarissimo protagonista di innumerevoli film, l'adempimento di questo modello narrativo degradandolo a relitto umano che vede recitata solo da bambini la classica scena del combattimento con l'eroe circonfuso dall'aura delle bianche funi; quando, nel finale, Chuji dal suo letto di malato è costretto ad assistere allo spettacolo dei suoi ultimi fidi che sacrificano la vita per lui e, paralizzato e ammutolito, deve lasciarsi catturare vivo, in realtà il regista non fa che rendere più vertiginosa la sua caduta, e quindi più grande la sua tragedia. La miserabile e ignominiosa fine nella versione di Ito è più commovente del canonico epilogo. Dal punto di vista del film di genere, Chuji tabi nikki ne intensifica, amplia e modifica recisamente la formula standard. Film di regia e film d'attore al tempo stesso, in Chuji tabi nikki scena dopo scena viene esibita un'arte spettacolare con vertici di grande virtuosismo. La parte di Chuji si presta a un massimo di tali performances. In confronto ai jidai geki del dopoguerra maggior peso assumono i ruoli femminili; si pensi in particolare all'allora diciannovenne Naoe Fushimi che impersona la compagna di Chuji, la quale, ardente e di ghiaccio insieme, subentra nel finale al protagonista ormai eclissato e per alcuni minuti irradia intorno a sé un glamour di un'intensità senza pari. - MLF