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René Clair - LA TOUR
Scheda di / Programme note by Lenny Borger


LA TOUR (Films Albatros, FR 1928)
Regia/dir: René Clair; f./ph: Georges Périnal, Nicolas Roudakoff; data uscita/released: 17.5.1929; 35mm, 293 m., 13’ (20 fps); fonte copia/print source: Cinémathèque Française, Paris.
Senza didascalie / No intertitles.


Il cinema muto di Clair inizia e finisce con la Torre Eiffel, quella “slanciata ragazza di ferro di cui sono sempre stato innamorato”. In Paris qui dort, la torre aveva svolto contemporaneamente una funzione drammatica e simbolica. Ma Clair sentiva di non averne ancora esaurito il potenziale visivo, e nel marzo del 1928, durante un periodo di stasi nel suo contratto con la Films Albatros, chiese al produttore Alexandre Kamenka un cameraman per girare un documentario di un rullo sull’adorato emblema di Parigi. Il film ha una struttura semplice e un montaggio scorrevole: dopo una breve introduzione storica, la cinepresa sale, poi scende attraverso l’intricato merletto di ferro battuto della torre, seguendo con sguardo ammirato le sue line possenti e i suoi graziosi contorni. Alexandre Arnoux, uno dei primi estimatori del cinema di Clair, lo definì “una lirica di cupo e metallico splendore”. Il film segnò la prima collaborazione con un giovane cameraman che, insieme con lo scenografo Lazare Meerson, sarebbe diventato una delle colonne portanti dell’équipe artistica di Clair: Georges Périnal.

Clair’s silent cinema is book-ended by the Eiffel Tower, that “tall iron girl I have always been in love with”. In Paris qui dort, the tower had served a dramatic and symbolic function. Clair felt he had not exhausted all its visual possibilities, and in March 1928, during a hiatus in his contract with Films Albatros, he asked producer Alexandre Kamenka for a cameraman to shoot a one-reel documentary on his beloved Paris landmark. The film is simply structured and fluidly edited: after a brief historical presentation, the camera ascends, then descends through the tower’s intricate lacework of wrought iron, admiring its powerful lines and gracious contours. Alexandre Arnoux, an early champion of Clair’s films, called it a “poem of sober and metallic magnificence”. The production marked Clair’s first collaboration with a young cameraman who, along with set designer Lazare Meerson, would become one of the pillars of Clair’s artistic team: Georges Périnal.