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René Clair - La Proie du vent
Scheda di Lenny Borger


LA PROIE DU VENT (Films Albatros, FR 1926)
Regia/dir., scen: René Clair, dal romanzo/from the novel L’Aventure amoureuse de Pierre Vignal, di/by Armand Mercier; f./ph: Henri Gondois, Nicolas Roudakoff, Robert Batton; scg/des: Lazare Meerson, Constantin Bruni; cast: Charles Vanel (Pierre Vignal), Sandra Milowanoff (Hélène), Lilian Hall-Davis (la castellana/Countess Elisabeth), Jean Murat (il marito di Hélène/Hélène’s husband), Jim Gérald (il dottore/the doctor); data uscita/released: 18.12.1926; 35mm, 1890 m., 92’ (18 fps); fonte copia/print source: Cinémathèque Française, Paris.
Didascalie in francese / French intertitles.


Ad anni di distanza dalla realizzazione di La proie du vent, Clair parlerà con avversione di questo film, dissuadendo chiunque dal riportarlo alla luce. Arrivò addirittura a chiedere a Henri Langlois di non rivelare a nessuno l’esistenza di una copia integrale presso la Cinémathèque Française. Robert C. Dale, il biografo americano di Clair, riuscì a vederlo solo dopo aver estorto con la blandizie una dispensa speciale allo stesso Clair.
Questo ripudio da parte del regista farebbe pensare a un lavoro su commissione, stoicamente sopportato ed eseguito con apatia. In realtà, La proie du vent era un progetto che Clair stesso aveva messo a punto e poi venduto ai produttori: aveva infatti acquistato personalmente i diritti cinematografici del romanzo su cui si basava la sceneggiatura, all’epoca un best-seller dell’oggi dimenticato Armand Mercier. Ma, ciò che più conta, il film non era affatto l’opera convenzionale e priva di valore che il suo autore dava ad intendere. Malgrado la banalità, La proie du vent venne realizzato con perizia tecnica e raffinatezza ed ha dei momenti di grande virtuosismo. Dopo il fiasco di Le voyage imaginaire, il consenso di pubblico e di critica rassicurarono Clair (e altri) sulla solidità dei suoi atout di regista. Inoltre, il film siglò l’inizio di una splendida amicizia tra Clair, il suo intraprendente produttore Alexandre Kamenka, e il giovane e brillante scenografo Lazare Meerson.
Avventura romantica nata sulla scia del successo di film quali Kœnigsmark (Léonce Perret, 1923), La proie du vent racconta la storia di un pilota francese (interpretato con tormentata introspezione da Charles Vanel) il cui aeroplano, durante una tempesta, è costretto ad un atterraggio forzato nei pressi di un castello dell’Europa Orientale abitato da un gruppo di aristocratici scacciati dal loro paese dalla rivoluzione. Man mano che si riprende dai postumi dell’incidente, il protagonista si innamora della sua bella ospite, per poi scoprire l’esistenza di una sorella “pazza” che vive segregata in un’ala remota del castello. I suoi tentativi di aiutare la prigioniera avranno un esito tragico…
Come in Kœnigsmark, anche qui assistiamo a un cruciale inseguimento d’auto girato e montato in modo emozionante. Ma le sequenze più suggestive sul piano visivo sono quelle ispirate dal crescente desiderio del protagonista per la bella castellana (Lilian Hall-Davis) – due scene di notevole tensione erotica, un elemento estraneo all’universo di Clair. Nella prima delle due scene, approfittando di una breve assenza della sua ospite, Vanel si impossessa con bramosia della sua sigaretta lasciata accesa, carezzandola, ponendosela tra le labbra e riappoggiandola di nuovo sul posacenere accanto alla propria sigaretta finché riappare la contessa che subito riprende a fumare. Pierre Billard l’ha definita “probabilmente il bacio più tortuoso della storia del cinema”, mentre Olivier Barrot l’ha paragonata alla scena della Garbo col calice in Flesh and the Devil (La carne e il diavolo) girato da Clarence Brown nello stesso anno. Ma ancor più elaborata è la sequenza dell’omicidio erotico immaginato dal protagonista, di nuovo giocata sul motivo della sigaretta, in cui l’aviatore, roso dalla gelosia, spia dalla finestra di una stanza la contessa in compagnia del presunto cognato, che lui ora immagina come un rivale. Il potenziale della scena è amplificato dall’immaginifico uso di volume, composizione e spazio da parte di Meerson.