Il Cinema Teatro Sociale costruito a Gemona dopo il terremoto del 1976 è di proprietà del Comune di Gemona del Friuli. Inaugurato il 12 aprile 1988, è stato gestito per 20 anni, fino al 30 giugno 2008, da Giuliano Macuglia. In seguito alla disdetta del contratto di gestione, l'attività cinematografica del Sociale è stata sospesa per sei mesi. Su incarico dell'Amministrazione Comunale, la Cineteca del Friuli l'ha riavviata nel simbolico giorno dell'Epifania 2009 proponendo nell'arco di cinque mesi, fino al 31 maggio, 53 diversi film (dal capolavoro Disney/Pixar Wall-E alla saga soderberghiana sul Che al documentario sul 6 maggio 1976 Sulla pelle della terra) visti da circa 13.000 spettatori. Alla riuscita dell'esperimento Sociale/Cineteca/Comune hanno contribuito il CEC di Udine (coinvolto direttamente nella programmazione), la Pro Glemona (che ha ha coordinato i volontari della squadra per la sicurezza delle borgate di Gemona) e l'Ente Teatrale Regionale. Hanno inoltre collaborato la Scuola Media Statale e il Liceo Magrini di Gemona, nonché l'Istituto Comprensivo di Tarcento e le associazioni Buteghe dal mont - Glemone e Musicologi. Nell'estate del 2009 il Comune di Gemona ha indetto una gara per la  gestione del Sociale nel quinquennio 2009-2014. La gara è stata vinta dalla Cineteca del Friuli. La stagione cinematografica 2009-2010 inizierà il 30 ottobre.

I cinematografi di Gemona
di Mario Quargnolo
A Gemona del Friuli le prime tracce di cinema si trovano, sotto il tendone di un ambulante, il 5 gennaio 1906: “In piazza Postez [ora inglobata in piazza del Ferro] trovasi il cinematografo Edison. Questa sera Alì Babà – novella araba. La proiezione durerà dodici minuti. Il 28 agosto 1908 comincia a funzionare il cinematografo del signor Antoni (sic! ma Antonini, nda) di Udine”. Giuseppe Antonini, morto in tarda età nei primi anni sessanta, fu il “piccolo Edison” locale.* Inventore e sperimentatore, detto anche il “mago della luce”, fu un pioniere della fotografia, dell'elettricità, della radiofonia e del cinema. Io lo ricordo negli ultimi anni della sua vita quando, ancora arzillo, percorreva le vie della città. La barba ormai bianca gli dava un aspetto “risorgimentale”: poteva assomigliare ai Mazzini o ai Garibaldi dell'iconografia. Mi dissero che fu un grande tombeur de femmes. Può darsi, ma forse la voce derivava dalla sua attività di fotografo d'arte, quindi circondato da modelle come uno scultore o un pittore. L'impianto elettrico del cinema Cecchini lo fece lui, ma in tale cinema – col fratello Carlo – fu anche l'operatore di cabina. Ebbe anche un incidente quando una fiammata partita dal proiettore gli bruciacchiò qualche dito. Nel terribile inverno del 1929 realizzò il documentario Udine sotto la neve, che fu proiettato al Cecchini. (Giuseppe Antonini meriterebbe una monografia). Ma torniamo a Gemona. La Pro Glemona, pioniera della divulgazione del cinema nella cittadina, acquistò nel 1912 per 1200 lire una macchina per proiezioni (che dava un reddito annuale di 500 lire) e organizzò un ciclo di spettacoli cinematografici al Sociale nella primavera del 1913. Dapprima si parla di “discreto pubblico”, poi di “poco concorso” tantoché l'iniziativa, dopo qualche domenica (sembra vi fossero solo spettacoli festivi) viene sospesa. Accompagnava i film un'“improvvisata orchestrina diretta dal maestro Cornacchia”. Nel 1914 (30 gennaio) pianta le tende in piazza del Ferro il cinema ambulante Zamperla che si ferma per parecchi giorni. “Auguri di buoni affari!” commenta il cronista della Patria del Friuli. Uno speciale “trattenimento” cinematografico ebbe luogo il primo di settembre del 1915 nella sala municipale; il ricavato fu devoluto all'assistenza dei soldati.
Il 24 dicembre del 1916 il cinema, che ormai è di casa al Sociale, presenta uno spettacolo a beneficio dell'assistenza civile con i due “dal vero” (come si chiamavano allora i documentari), Industria delle calzature e Come si diventa infermiere, con Daniele nella fossa dei leoni (dramma) e con la “comicissima” Nuovi metodi per domare la suocera.
Nel 1919 il Sociale si segnala per una serie “di spettacoli di prim'ordine” che hanno luogo ogni mercoledì. I quotidiani poi, fra l'altro, segnalano un fine settimana speciale con Addio giovinezza di Augusto Genina e Scampolo di Giuseppe Sterni (per Addio giovinezza si trattava della seconda versione cinematografica e per Scampolo della prima; Addio giovinezza era inoltre stata rappresentata sul palcoscenico del Sociale dalla compagnia Capello l'8 dicembre del 1914).
Nel 1919 gli spettacoli cinematografici al Sociale subiscono la concorrenza dell'oratorio degli Stimmatini. Comunque sia entrambe le sale risultano, pur con due spettacoli in contemporanea, “frequentatissimi”.
Si sa invece con certezza che nel 1923 il Sociale è gestito dal signor Morandini. Successivamente, almeno sino ai primi anni Trenta, lo gestì Paolo Sabidussi. La cronaca locale al 7 gennaio 1921 registra che “al cinema va sempre più gente”. Ciò è ribadito nel 1924: “Al cinema va molta gente per la bontà della scelta dei programmi”. Nell'aprile del 1924 La tigre sacra “avventurosissimo” in quattro parti, richiama una grande folla. Non cosi si può dire degli spettacoli teatrali, per lo più disertati, anche in occasione di recite importanti.
Il 29 gennaio del '25 il Sociale riapre dopo alcuni lavori di restauro, mentre il 25 ottobre del 1928, durante una “serata folcloristica friulana” viene presentato il documentario di produzione Luce Friuli, Sentinella della Patria del tarcentino Chino Ermacora, fotografia di Alfredo Lenci. Dopo l'anteprima romana (6 dicembre 1927), un giornale scrisse: “E un film dove attori sono i rudi montanari, i pastori delle baite solenni nella loro solitudine; un film ch'è tutto un poema di ricordi, una pellicola presentata con buon gusto e nobiltà che testimonia che il cinema, meglio che ogni altro mezzo, sa raggiungere il pubblico e commuoverlo; un ricordo incancellabile di poesia e di inarrivabile bellezza”.
Nel film, purtroppo andato perduto [è stato ritrovato e restaurato dalla Cineteca del Friuli nel 1997], c'era una sequenza dedicata alla “tradizionale lavorazione artistica del legno” di Gemona. Nella seconda parte dello spettacolo sono state poi proiettate delle “vedute” (probabilmente delle ulteriori riprese filmate) di Gemona; anch'esse paiono irrimediabilmente perdute.
All'inizio degli anni venti cominciò a funzionare anche una sala interna al rinnovato edificio delle scuole elementari; nel febbraio del 1923 vi si proiettava un film dal titolo piuttosto significativo A noi! (documentario di Umberto Paradisi sulla marcia su Roma). Ed è la Direzione Didattica di Gemona che chiede, nel 1922, un contributo per un vero e proprio impianto di cinematografo. La richiesta è inoltrata al Ministero Terre Liberate, ma non sarà accolta per scarsità di fondi e per evitare “una disparità di trattamento con le scuole di altri comuni, in rapporto poi ad un mezzo di educazione che non è applicato nemmeno nelle scuole della Capitale”.
Il 13 giugno 1931, giorno di Sant'Antonio, patrono di Gemona, il Sociale si presenta con una importante novità: “l'installamento del macchinario per lo svolgimento del film sonoro, parlato, cantato in italiano. Le rappresentazioni avranno inizio nella mattinata e continueranno per tutta la giornata” (Patria del Friuli). Non è dato di sapere con che film. Il cinema chiude ancora nel 1950 per dei “restauri” che ne deturparono l'interno e soprattutto l'esterno; altri lavori furono necessari in occasione dell'arrivo del cinemascope, a metà di quel decennio.
Anche il cinema degli Stimmatini funziona a pieno ritmo sia per le proiezioni in sala che per quelle all'aperto, nel cortile, che incominciano piuttosto presto: il 28 maggio del 1949 viene proiettato Le avventure di Robin Hood, con un vero pienone. Ma per il film Don Camillo, il 19 maggio 1952, tutti i padri e i convittori del collegio degli Stimmatini devono recarsi nella sala concorrente.
In quei mesi a Gemona fervevano i lavori per un nuovo cinema, il Glemonensis, che fu inaugurato il 28 giugno 1953. L'opera, voluta da Mons. Monai, doveva costituire la parte centrale dell'istituto Basilio Brollo, mai portato a termine, ed era costata 40 milioni di lire consistenti in prestazioni ed offerte in denaro. II programma della giornata inaugurale, oltre alle celebrazioni e ai discorsi, prevedeva un film “per tutti i fanciulli della parrocchia” e “due interessanti documentari”. La Voce Amica del maggio 1953 racconta che “la facciata del Glemonensis è tutta in pietra viva bugnata: la grigia proviene da una cava di Artegna (proprietà De Monte), la bianca da una cava di Cornino (proprietà Molinaro), la grigia dell'architrave e quella della gradinata esterna da una cava di Faedis (proprietà Toffoletti). La platea ed il loggione, forniti di poltroncine, lavorate dall'ebanista d'Artegna, sig. Traunero. Le pareti ed il soffitto sono rivestiti di laminato e danno un ottimo effetto acustico. Gli zoccoli furono eseguiti dalla ditta gemonese Paschins. La pavimentazione è in xilite bellunese. La artistica illuminazione elettrica fu installata dal sig. De Faccio Guglielmo di Udine. La macchina di proiezione viene dalla Compagnia Generale di Cinematografia ed è del tipo Super-Xidro. La mano d'opera dell'intero edificio fu gemonese: dalla prima pietra al collaudo lavorarono il muratore qualificato Boezio Pietro e il ferraiolo Serafini Angelo junior, sotto la direzione di Serafini Angelo senior. La volta autoportante della lunghezza di metri 16,40 che sostiene il loggione venne caricata, per la prova di resistenza, da un peso triplo rispetto al peso della folla distribuita in un giorno di calca: il comportamento fu ottimo”.
Ventitre anni dopo, la sera del 6 maggio del 1976, l'edificio resistette infatti ottimamente alle terribili scosse. Cadde solo la parete dietro lo schermo. Per mesi, prima che il Glemonensis fosse abbattuto, vi si poteva accedere senza problemi, sedersi in galleria e guardare oltre lo schermo e la parete inesistenti verso la pianura gemonese.
Sia per il Sociale che per il Glemonensis gli anni Cinquanta e Sessanta furono pieni di successi: memorabili quelli dei Dieci comandamenti di De Mille e La dolce vita di Fellini al Sociale e del Re dei Re di Nicholas Ray al Glemonensis (dove, allo spettacolo delle 14, quello frequentato per lo più da ragazzini, la bobina con la danza di Salomé non veniva proiettata, mentre l'operatore la rimontava nel film per lo spettacolo successivo). Il Glemonensis inoltre, nella seconda metà degli anni Sessanta, aveva programmato dei cineforum molto frequentati ed apprezzati dai giovani.
II terremoto del '76 distrusse il Sociale, mentre vi scorrevano le immagini di California Poker di Robert Altman; l'operatore spaventato si precipitò fuori dalla cabina e fu travolto dai crolli. Morirono anche alcuni militari che uscirono in strada. Nel cinema interno alla caserma Goi quella sera era in visione il Fellini Satyricon e, subito dopo la scena del terremoto (fittizio) nella suburra, si verificò quello vero che provocò la distruzione dell'edificio. Al Glemonensis era in programma, per il fine settimana, 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick. Ma post fata resurgam. Dal 12 aprile 1988 è in funzione il nuovo Sociale, un cinema e teatro con una programmazione di prim'ordine: una sfida alla durezza dei tempi. II film dell'inaugurazione è stato L'impero del sole di Steven Spielberg; padrino della serata Piros Filippone, pioniere della diffusione del cinema in Friuli. Nei dodici anni che hanno separato il terremoto dall'inaugurazione del nuovo Sociale, prima Cinepopolare e poi la Cineteca del Friuli hanno tenuto vivo il gusto per il cinema vecchio e nuovo a Gemona e nel resto del Friuli, dapprima con proiezioni nelle tendopoli e nelle baraccopoli, poi nel centro Salcons (dove sta per sorgere il nuovo Glemonensis!) e in proiezioni itineranti nelle borgate e nei paesi vicini. Ora anche la Cineteca propone i suoi programmi nel ricostruito Sociale. (In: Quando i friulani andavano al cinema, La Cineteca del Friuli/Biblioteca dell’Immagine, 1989, pubblicato in occasione della rassegna “C’era una volta il Sociale”)

* Si veda la scheda di Mariolina Patat, Oms innomenâts a Glemone – Personaggi di rilievo nella storia di Gemona, Comune di Gemona, 2002.

Teatro Sociale
di Valentino Baldissera
Vi si arriva con pochi passi dalla Piazza Vecchia per una strada intermedia. È disegno di Girolamo D’Aronco e fu inaugurato nel settembre del 1867 con il capolavoro donizettiano la Lucia. È  a tre file di palchi e un loggione e nel soffitto Domenico Fabris raffigurò con affreschi allegorici l’epopea del risorgimento italiano: il sipario dipinto da Giacomo Brollo compie l’istoria con la rappresentazione dell’Italia che va a collocarsi tra le grandi nazioni.
Il vecchio teatrino nei sito stesso  era di proprietà del signor Cristoforo Cragnolini per cui iniziativa era sorto nel 1838.
Prima di quel tempo rappresentazioni sceniche, accademie letterarie e musicali, balli si davano altra volta nel Palazzo Comunale: per citare alcuni degli spettacoli, nella sala il 15 ottobre 1562 un giovane forestiero coi suoi compagni recitò una commedia. Altra nella Loggia fu recitata il 7 febbraio 1619; il 2 marzo 1631 fu rappresentata l’Aminta del Tasso con appositi scenari; nella seconda metà del secolo scorso venivano eseguiti con frequenza dei melodrammi giocosi, che oggi si direbbero operette: i dilettanti gemonesi vi cantarono il Geloso in cimento, il Marito badiale, l’Imbroglio delle tre spose, musica d'Anfosso eccetera.
Nel 1827 s'istituiva una società filarmonica fra i dilettanti del paese, e l'Arciprete Venzoni leggeva nella Sala Comunale una dissertazione sulla musica per solenizzare l'avvenimento. La società, alla quale non mancarono rillanti successi, ebbe Maestro proprio dal 1852 al 1878, dopo il qual anno si sfasciò e cadde: ma la vita rigogliosa era già cessata da parecchi anni. Dallo scorso anno si sono ricostituite due Bande musicali, una emanazione della Società operaria e l'altra del Circolo di San Giuseppe. (In: Da Gemona a Venzone: guida storica ed artistica, Gemona, Tessitori, 1891)

Programmazione a cura della Cineteca del Friuli in collaborazione con il CEC di Udine