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EVENTO D'APERTURA / OPENING EVENT
In collaborazione con / In cooperation with
Innocence en danger

 

"On pleura comme jamais encore on avait pleuré."

VISAGES D’ENFANTS / LE DUE MADRI (Les Grands Films Indépendants; F/CH, prod. 1923, rel. 1925)
Dir.:
Jacques Feyder; sc.: Jacques Feyder, Françoise Rosay; ph.: Léonce-Henri Burel, Paul Parguel; asst. dir.: Charles Barrois, Françoise Rosay; prod.: Dimitri de Zoubaloff, François Porchet; cast: Jean Forest (Jean Amsler), Victor Vina (Pierre Amsler), Pierrette Houyez (Pierrette Amsler), Arlette Peyran (Arlette Dubois), Rachel Devirys (Jeanne Dubois), Henri Duval (Canon Taillier, Curé of Vissoy), Arthur Porchet (Curé, Taillier’s chess partner), Jeanne-Marie Laurent (domestica/servant), Suzy Vernon (madre di Jean / Jean’s mother); 35mm, 2500m., 121’ (18 fps), tinted, Cinémathèque Suisse. Restored by the Nederlands Filmmuseum under the LUMIERE Project.
Didascalie in francese e olandese / Bilingual French/Dutch intertitles.
Nuova partitura di / New score by
Antonio Coppola. Esegue / Performed by l’Octuor de France

Con Visages d’enfants, straordinario film sull’infanzia, Jacques Feyder diede prova di essere uno dei migliori registi europei. Scrisse egli stesso il soggetto — imperniato su un bambino alle prese con la morte della madre e il nuovo matrimonio del padre — avvalendosi della collaborazione della moglie, l’attrice Françoise Rosay, che lo assistette anche sul set e lo sostituì, dirigendo alcune scene nello studio di Joinville, quando lui si recò a Vienna per discutere di un altro progetto. Mirabilmente realizzato, Visages d’enfants ci permette un’esperienza rara — entrare nel mondo di un bambino e osservarlo con partecipazione e comprensione. Feyder sa far recitare i suoi piccoli attori con estrema naturalezza, specie Jean Forest, indimenticabile nei panni del ragazzino incapace di accettare la morte della madre. La pellicola è ricca di momenti toccanti: struggente è quello in cui Jean, in soffitta, stringe a sé l’abito materno, così come quello in cui egli accetta finalmente la matrigna.
Jean Forest (1912-1980) fu scoperto a Montmartre da Feyder, che era alla ricerca di un ragazzino per Crainquebille (id.; 1922); dopo Visages d’enfants questo sorprendente attore bambino interpretò, sempre per Feyder, Gribiche (id., 1925). Nel 1924 apparve anche nel serial di Louis Mercanton Les Deux Gosses (I due derelitti). Successivamente farà carriera presso la radio francese. Perfetti sono anche gli altri bambini del film: Pierrette Houyez, nei panni della sorellina di Jean, troppo piccola per comprendere i cambiamenti che stanno avendo luogo nella sua vita, ed Arlette Peyran, nel ruolo della sorellastra che suscita la rivalità e l’ostilità di Jean.
L’ambientazione del film gioca pure un ruolo importante. Per gli esterni fu prescelta la regione svizzera dell’Alto Vallese, magnificamente fotografata da Léonce-Henri Burel (operatore di Gance in La Roue [La rosa sulla rotaia]), che seppe infondere drammaticità allo splendido scenario montano, rendendo le forze stesse della natura — un fiume, una valanga, una cascata — altrettanti perni della vicenda narrata. Feyder riduce al minimo le soluzioni virtuosistiche per ricavarvi, al momento opportuno, il massimo risultato: si veda, ad esempio, il montaggio rapido adottato quando Jean sviene al funerale della madre e, più avanti, quando si stacca la valanga; o anche il magico effetto speciale del ritratto materno che prende vita. L’elementare vicenda narrata viene svolta con una semplicità eloquente, che tocca i cuori.
Il protrarsi della lavorazione a causa del clima imprevedibile confermò la reputazione di regista oneroso che Feyder si era guadagnato con L’Atlantide (Atlantide; 1921). Dopo una controversia con gli amministratori della società Les Grands Films Indépendants, il negativo della pellicola venne sequestrato; Feyder si recò in Ungheria per le riprese di un altro film e solo l’anno dopo poté montare Visages, che uscì Parigi nel marzo del 1925.
Decisamente in anticipo sui tempi, Visages d’enfants fu osannato dalla critica ma si rivelò un fallimento sul piano commerciale; in seguito il negativo scomparve dalla circolazione. Per anni il film non si poté vedere che in una copia francese, scadente ed incompleta. Ricorda Kevin Brownlow che in Inghilterra girava una versione in 9,5mm, drasticamente ridotta e con citazioni da Tennyson come didascalie! Il restauro, intrapreso nel 1986 da Jacques Ledoux della Cinémathèque Royale di Bruxelles, riportò in auge la pellicola, cui però mancavano ancora due elementi essenziali: le giuste didascalie e, cosa molto importante in un muto di Feyder (come ben dimostra L’Atlantide), l’imbibizione.
Nei primi anni ’90, il Nederlands Filmmuseum decise di realizzare una copia imbibita, impiegando il proprio nitrato originale, splendidamente colorato, più altro materiale diventato disponibile dopo il lavoro di Ledoux. Nel 1993, con i fondi del progetto LUMIERE, il NFM coordinò, in collaborazione con la Cinémathèque française e la Cinémathèque Royale, un nuovo restauro basato due nitrati, il proprio e uno fornito dalla Cinémathèque française, e tre rulli acetato in bianco e nero del Gosfilmofond di Mosca. Si è così ottenuta una copia quasi completa — mancano solo pochi minuti — ma si è rivelato impossibile ricostruire la versione originale perché i due nitrati provenivano da negativi diversi. C’erano anche alcune piccole differenze nelle didascalie. Queste sono state rifatte in francese ed olandese, a partire dalla copia della Cinémathèque e da quella del Filmmuseum e dai documenti della censura tedesca rinvenuti dallo storico del cinema Lenny Borger.
Arricchito dall’imbibizione originale, che ne esalta l’atmosfera e la forza emotiva, Visages d’enfants ha potuto essere finalmente salutato come un capolavoro. Presentandolo a Sacile con la nuova partitura per orchestra da camera scritta da Antonio Coppola, le Giornate proseguono idealmente anche l’omaggio dello scorso anno al cinema svizzero. — Catherine A. Surowiec (adattamento da The LUMIERE Project: The European Film Archives at the Crossroads, Lisbona, Projecto LUMIERE, 1996)

Visages d’enfants, one of the most extraordinary films ever made about children, revealed Jacques Feyder as one of the finest directors in Europe. Feyder wrote his original script, about the effects upon a sensitive boy of his mother’s death and his father’s remarriage, with the collaboration of his wife, actress Françoise Rosay, who also reportedly assisted him on the set, and stood in for him when he went to Vienna to discuss another project, even directing some shots at the studio in Joinville. This beautifully made film is a rare experience, taking us into the world of a child with keenly observed understanding. Feyder’s handling of the children is remarkable, evoking wonderfully natural performances, especially from Jean Forest, who is unforgettable as the boy unable to adjust to his mother’s death. The film is full of poignant moments: Jean hugging his mother’s dress in the attic is heartrending, as is his final acceptance of his stepmother.
Jean Forest (1912-1980) was discovered by Feyder in Montmartre when he was looking for a boy to star in Crainquebille (1922). After Visages d’enfants, this amazing child actor played the title role in Feyder’s Gribiche (1925). Forest also appeared in Louis Mercanton’s 1924 serial Les Deux Gosses; he later went on to a career in French radio. The other children are also exactly right — Pierrette Houyez as Jean’s little sister, too young to realize the changes in her life, and Arlette Peyran as the stepsister who inspires Jean’s rivalry and hostility.
The film’s setting also plays a major role. For the exteriors, the company went on location to Switzerland’s Haut-Valais region. It is exquisitely photographed by Léonce-Henri Burel (Gance’s cameraman on La Roue), whose camerawork puts the magnificent mountain scenery to dramatic use. The forces of nature — a stream, an avalanche, a waterfall — become pivotal characters in Jean’s story. Feyder kept virtuoso techniques to a minimum, saving them for maximum effect — for example, rapid montage for Jean’s fainting at his mother’s funeral, and, later, the avalanche; and the magical special effect of the mother’s portrait coming to life. This elemental story is allowed to unfold with eloquent simplicity, appealing straight to the heart.
The production stretched way over schedule, due to unpredictable weather, confirming Feyder’s reputation as an expensive director, earned for L’Atlantide (1921). After a dispute with the administrators of the consortium Les Grands Films Indépendants, the negative was sequestered. Feyder went to Hungary to make another film, and was only able to edit Visages a year later. The film opened in Paris in March 1925.
A film definitely ahead of its time, Visages d’enfants was hailed by the critics but was a commercial failure in 1925, and its negative subsequently disappeared. For years it was known only in a poor, incomplete copy from France. According to Kevin Brownlow, in Britain it circulated in a heavily abridged copy on 9.5mm — titled with quotes from Tennyson! A restoration was finally undertaken in 1986 by Jacques Ledoux of the Cinémathèque Royale, and the film at last started to become more widely known. However, it was still missing two vital elements, proper intertitles and — very important for Feyder’s silents, as L’Atlantide demonstrates — color tinting.
In the early 1990s the Nederlands Filmmuseum decided to produce a more complete, tinted version, using their beautifully tinted original nitrate print, plus other material that had become available since the Ledoux restoration. In 1993, with funding under the LUMIERE Project, the NFM co-ordinated a new restoration, with color tinting, in collaboration with the Cinémathèque Française and the Brussels Cinémathèque Royale, using two nitrate prints — their own and one from the Cinémathèque Française — and three b/w acetate reels from Gosfilmofond in Moscow. This NFM restoration approaches the complete print very closely — only a few minutes are still missing — but it was impossible to reconstruct the definitive original version, as the two nitrate prints were discovered to be from different negatives. There were also some slight differences in the intertitles. The restoration’s intertitles were remade with bilingual French/Dutch texts, based on the French and Dutch prints, and on German censor-cards found by film historian Lenny Borger.
Thanks to this restoration, this poignant film is once again enriched by its original color tinting, enhancing its atmosphere and emotion, and is finally being acclaimed as a masterpiece. This screening of Visages d’enfants, with a chamber score by Antonio Coppola, continues the Giornate’s tribute to Swiss cinema, begun with last year’s extensive retrospective. — Catherine A. Surowiec (adapted from her text in the book The LUMIERE Project: The European Film Archives at the Crossroads, Lisbon: Projecto LUMIERE, 1996)

 

NOTES SUR VISAGES D’ENFANTS par Lenny Borger
(Jacques Feyder,
1895, numéro hors série, Octobre 1998, p. 67-72)

Premier chef-d’œuvre incontestable de son auteur, Visages d’enfants marque aussi les débuts du cinéaste cosmopolite que deviendra Jacques Feyder, dont la carrière en zig-zag le conduira par la suite dans les studios de Paris, Vienne, Berlin, Munich, Hollywood et Londres. Considéré comme un de ses films les plus personnels, Visages d’enfants est pourtant né d’une commande: celle de deux producteurs lausannois, Dimitri Zoubaloff et Arthur Porchet, qui, en engageant l’auteur de l’Atlantide et Crainquebille, espèrent faire une oeuvre de portée internationale. Aussi, Zoubaloff et Porchet sont-ils peut-être encouragés par les triomphes de deux films français qui depuis peu défraient la chronique cinématographique et qui ont pour cadre des montagnes enneigés: Jocelyn de Léon Poirier et surtout la Roue d’Abel Gance, qui passe des infernales gares de triages de Nice aux cimes purificatrices des Alpes.
Unique long métrage dont Feyder signe seul le scénario, Visages d’enfants doit sans doute beaucoup de sa vérité psychologique à sa situation familiale d’alors et surtout à l'apport de son épouse et collaboratrice, Françoise Rosay. Elle n’est pas encore la grande vedette qu’elle deviendra avec le cinéma parlant. D’ailleurs, comme le rapporte son premier biographe, Victor Bachy, le cinéaste n’écrit pas son scénario en Suisse mais dans l'appartement familial à Paris où sa femme vient récemment de donner naissance à leur deuxième fils. C’est d’ailleurs Françoise Rosay qui travaillera aussi sur le tournage en tant qu'assistante. Et quand Feyder part pour Vienne pendant une quinzaine de jours négocier le contrat de son prochain film, elle le remplace au pied levé – elle dirige surtout les raccords à Joinville.
L’autre collaborateur dont la contribution au film sera primordiale est le grand Léonce-Henri Burel. Chef opérateur attitré d’Abel Gance – notamment pour la Roue –, Burel a déjà travaillé pour Feyder sur Crainquebille dont les audaces techniques ont contribué à asseoir la renommée et la maîtrise de Feyder. Pour Visages d’enfants, Burel (secondé par Paul Parguel) exalte la beauté rude des paysages valaisans et en fait un des protagonistes du drame, à l'instar des grands films suédois de Sjöstrom et Stiller. Feyder et Burel réussiront quelques prouesses techniques dont la scène de nuit éclairée uniquement par des flambeaux, quand les villageois partent à la recherche de la petite fille perdue dans les neiges – ceci à une époque ou les scènes de nuits sont tournées de jour et ensuite teintées en bleu ou en vert lors du montage des copies. Encore plus suprenants sont les "points de vue" de l'avalanche, où la caméra, semblant chevaucher le glacier même, dévale les flancs de la montagne.
La critique de l'époque a bien souligné cette authenticité de cadre. Pour l’Atlantide, déjà, Feyder n’avait-il pas refusé de tourner ses extérieurs en France où les paysages désertiques de Fontainebleau auraient pu faire l’affaire! Feyder a tenu à partir pour le Sahara, sur les lieux mêmes décrits par Pierre Benoît pour tourner ses extérieurs. Parti pris pratiquement inouï pour l’époque ou la location shoooting n’est pas encore de mise.
Pour Visages d’enfants, pas question non plus de tricher. Feyder tout naturellement emmène sa troupe dans le Haut Valais, où sont tournés tous les extérieurs pendant le printemps et l'été de 1923. D’authentiques paysans, dont beaucoup n’ont jamais vu une caméra, ni même assisté à une projection de film, composent la figuration, donnant un saisissant relief à des scènes telles que le cortège funèbre et la séquence des noces. Ces scènes d’ailleurs sont tournées dans le village de Grimentz, où Feyder et Rosay reviendront près de 20 ans plus tard pour la réalisation d’Une femme disparaît. Seuls les intérieurs du chalet et la chapelle enterrés sous l'avalanche, tout comme certains raccords, seront tournés en studio à Paris.
En dehors de la vérité du cadre, ce qui frappe, aujourd’hui encore, dans Visages d’enfants, c’est la modernité d’un regard aigu, dénué de toute sensiblerie, sur l’enfance malheureuse. Un jeune Valaisan de 10 ans reste inconsolable après la mort de sa mère et sa douleur est avivée par le remariage de son père. Henri Fescourt a bien cerné l’importance du film quand il écrit dans la Foi et les montagnes: bien que les enfants occupent les écrans français dès l'avant-guerre, ce n’est qu’à titre de "poupées divertissantes, de gentils pantins animés. L’idée ne venait pas de les étudier en tant que personnages doués d’âmes... Pour que le cinéma assigne à l'enfant une valeur humaine, il faudra attendre longtemps: les futurs Visages d’enfants et Gribiche de Jacques Feyder..."
Feyder donc tranche radicalement sur la mode de l'époque, friande de comédies ou de mélodrames enfantins le plus souvent appuyés sur des succès de librairie: c’est le cas pour des films tels Champi-Tortu, que Jacques de Baroncelli tourne en 1921 d’après le roman de Gaston Chereau. Feyder, lui, ose raconter une histoire plutôt sombre sans alibi littéraire, sans relief comique. Pour ce faire, il a un atout de (petite) taille: Jean Forest. Forest, véritable gamin de Montmartre – il est né 9 Place du Tertre en 1912 et y habite encore lors de son engagement par Feyder – est déjà apparu dans Crainquebille dans un rôle de titi parisien et avait séduit par son naturel et sa sensibilité à fleur de peau. Ces qualités feront de lui l’un des enfants-vedettes du cinéma muet français – adulte, il n’arrivera plus à s’imposer et se dirigera, grâce à sa belle voix grave, vers une longue carrière radiophonique. En face de Jean Forest, Ariette Peyran, autre étonnante découverte enfantine, est bouleversante en belle-soeur détestée qui frôle la mort lors d’une avalanche. Côté adulte, Victor Vina, en père inconscient et fruste, campe un personnage "proche de ceux auxquels nous ont habitué les Scandinaves". (Cinémagazine) Mais le casting le plus audacieux est Rachel Devirys dans le rôle de la nouvelle belle-mère, paysanne solide et aimante. Devirys était un ancien mannequin et donc jusqu’alors cantonnée dans des rôles mondains de coquettes et de vamps.
Si l’exemple des films suédois a été bien compris par Feyder lors du tournage de Visages d’enfants, l’influence de Gance et même de D. W. Griffith sont tout aussi sensibles. Les célèbres expériences de Gance avec le montage accéléré de la Roue exercent alors une influence certaine sur tous les grands cinéastes français de l’époque – en effet, la scène de montage rapide devient la tarte à la crème de la technique cinématographique des années 1923-25 et on en trouve des séquences virtuoses "à la Gance" dans des films aussi disparates que Kean (Volkoff, 1923) ou la Brière (Poirier, 1924). Mais c’est Feyder qui l’utilise le mieux, sans gratuité aucune, dans Visages d’enfants pour traduire le désarroi du jeune orphelin lors de l’enterrement de sa mère, où l’enfant, assailli par des images de plus en plus insupportables qui défilent à toute vitesse, finit par s’évanouir dans les bras de son père.
On peut voir l’influence de Griffith dans le dénouement de l’in-tngue. Forest, accablé de remords pour avoir poussé sa belle-soeur vers la mort, se jette dans la rivière pour être sauvé de justesse par sa belle-mère d’une mort certaine dans les rapides. Cette séquence fait irrésistiblement penser au chef-d’oeuvre de Griffith Way Down East (À travers l’orage), d’autant plus que ce dernier sort tardivement à Paris en 1922, soit quelques mois avant que Feyder s’attèle à la rédaction de son scénario. Certains critiques ont vu dans ce happy end une concession commerciale, mais il faut convenir que rarement dénouement aura été aussi magistralement préparé et intégré – l'eau étant un des symboles récurrents et subtils de ce drame montagnard.
Film intimiste, film sans vedettes, Visages d’enfants est néanmoins une production coûteuse qui assoira la réputation de Jacques Feyder en tant que cinéaste prodigue. Déjà le triomphe de l’Atlantide n’a pas effacé dans l’esprit des producteurs les exigences du réalisateur qui ont fait de ce film le plus coûteux de la production française. Encore une fois, c’est le tournage en extérieurs et sur place qui augmente le budget – le tournage dans le Haut Valais, prévu pour deux mois, s’étire sur quatre puisque le soleil, imprévisible, se fait souvent attendre.
Des déboires d’ordres financiers mettent en péril le destin commercial du film. Soucieux d’assurer une meilleure diffusion à leurs films – à l’instar des Artistes Associés –, Feyder et ses confrères Max Linder et René Hervil avaient créé un consortium, les Grands Films Indépendants. Mais un désaccord survient entre Feyder et l’administrateur à la suite duquel les bobines impresssionnées de Visages d’enfants seront mises sous séquestre. En fait, Feyder doit fa attendre un an – pendant lequel il tourne l’Image à Vienne pour la Vita-Film – avant d’achever son montage. Présenté en janvier 1925 Visages d’enfants sort enfin en mars de la même année, salué comme un film charnière par la critique et boudé aussitôt par le public, qui, semble-t-il, n’accepte pas l’âpreté psychologique qui en fait aujourd’hui un des chef d’oeuvres du cinéma touchant au monde de l’enfance.

Antonio Coppola
Nato a Roma nel 1956, inizia giovanissimo lo studio della musica. Nel 1965 si iscrive al conservatorio di S. Cecilia di Roma dove studia pianoforte, composizione e direzione d'orchestra.
Già dal 1973 lavora come pianista di scena per produzioni teatrali e come pianista accompagnatore per classi di danza contemporanea. Questa attività lo porta a sviluppare la tecnica dell'improvvisazione che troverà la sua massima espressione negli accompagnamenti per il cinema muto ai quali dal 1975 ha consacrato completamente la sua attività.
Dal 1999 collabora intensamente con l'Octuor de France di Jean-Louis Sajot per il quale ha scritto le partiture per Paris qui dort di René Clair, Seraphin ou les jambes nues di Louis Feuillade e Visages d’enfants, quest’ultima eseguita per la prima volta alle Giornate 2003.
Born in Rome in 1956, Antonio Coppola began his music studies at a very early age, and in 1965 enrolled in the conservatory of Santa Cecilia in Roma, where he studied piano, composition and conducting.
From 1973 he worked as a performance pianist for theatrical productions and as accompanist for contemporary dance classes. This activity led him to develop the technique of improvisation, which was to find its main expression in accompaniment for silent cinema, to which, since 1975, he has entirely dedicated his activity.
Since 1999 he has collaborated intensively with Jean-Louis Sajot’s Octuor de France, for which he composed the score for René Clair’s
Paris qui dort and Louis Feuillade’s Séraphin ou les jambes nues. His new score for Jacques Feyder’s Visages d'enfants has its first performance on the opening night of this year’s Giornate del Cinema Muto.