È
un Giulio Calderini diverso quello dei ciclopi. È un talento
alle prese con la totalità del suo mondo espressivo, senza vincoli,
senza remore, in un continuo e incessante sforzo di mostrare i suoi percorsi
mentali e artistici mai finiti. Mai definiti. Un parapiglia turbinoso di colori
e segni.
Utilizzando
una tecnica ibrida tra il digitale e il manuale, queste immagini sovrapposte
ripropongono un percorso fatto di contaminazioni: fumetto? animazione? universi
virtuali? Una summa di icone di fine secolo che trae la sua origine dal cinema,
dalla musica, dall'arte dei graffiti. Forse. Ma non solo.
Immagini desacralizzate, denudate di riferimenti precisi, esibite con ironia,
arricchendole di suoni e fotogrammi in movimento, alla percezione dello spettatore.
Non ci sono storie, non ci sono personaggi, se non vaghe ombre di improbabili
marziani dell'era contemporanea, fatte di occhi che guardano un mondo confuso,
caotico e di antenne che trasmettono la frammentarietà. Uno specchio
di rimandi e stratificazioni in continua agitazione nella sua ammaliante e
caotica bellezza.